A un anno dal sisma, 2,4 milioni di tonnellate di macerie

Antisismica di Marco Zibetti
Legambiente: “Necessario accorciare i tempi. Il governo ripensi il ruolo della struttura del commissario straordinario per dargli più poteri e risorse necessarie per un reale coordinamento”

A un anno dal sisma che il 24 agosto ha colpito Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo e a nove mesi dalle scosse devastanti di fine ottobre è stato rimosso solo l’8,57% delle macerie. Circa 227.500 tonnellate dei 2.657.000 stimati dalle quattro Regioni. Secondo Legambiente, che a primavera scorsa insieme a Fillea Cgil ha avviato un Osservatorio nazionale per una ricostruzione di qualità, è urgente cambiare passo: velocizzare le procedure di recupero delle macerie e individuare altre zone dove poter trattare gli inerti riutilizzabili per la ricostruzione.

Complessivamente rimangono da rimuovere oltre 2.400.000 tonnellate derivanti per la stragrande maggioranza dalle attività di demolizione parziale e totale dei fabbricati che permetteranno di ridimensionare le zone rosse. Sono macerie derivanti da edifici pubblici e da edifici privati pericolanti, la cui rimozione è propedeutica all’avvio della ricostruzione materiale e della rinascita delle comunità colpite. Aspettano di esserne liberati oltre 60 Comuni, con le loro numerose frazioni. Ma a fronte di questi numeri persino la scadenza prevista al 31 dicembre 2018 difficilmente potrà essere rispettata.

“C’è invece la necessità di fare molto prima di quella data - dichiara la presidente di Legambiente, Rossella Muroni -. È opportuno che il governo ripensi il ruolo della struttura del commissario straordinario per dargli più poteri e le risorse necessarie per un reale coordinamento. Le differenze nella gestione delle macerie nelle quattro Regioni sono troppe; già chiedevamo un coordinamento più forte ed efficace e il rischio ora è che diventi più debole, visto l’annuncio delle dimissioni di Errani. Siamo consapevoli delle numerose difficoltà incontrate (le ripetute e importanti scosse sismiche, la vastità dell’area interessata, le strade inagibili e insicure per via delle case pericolanti, le demolizioni necessarie per operare in sicurezza) a cui si sono però sommati ritardi per i provvedimenti modificati in itinere, negli affidamenti dei lavori, nel coordinamento tra i diversi livelli istituzionali. Ma la rinascita dell'appennino ha bisogno, ora, di una visione unitaria”.

Marche e Lazio sono le zone più colpite. La Regione Lazio stima una quantità di macerie pari a 1.280.000 tonnellate, concentrate nei territori dei Comuni di Amatrice e Accumoli. A fine luglio quelle raccolte erano circa 100.000 tonnellate, pari al 7,77%.

La stima della Regione Marche, con l’area del cratere più vasta, è di 1.120.000 tonnellate di macerie, di cui 117.500 già raccolte, il 10,50%. Su 87 Comuni colpiti, 52 sono ancora invasi dalle macerie e ben 9 sono ancora inaccessibili a causa dell’inagibilità delle vie di comunicazione, impossibilitati quindi ad avviare la raccolta degli inerti. Situazione estrema è quella di Arquata del Tronto, con le sue frazioni di Pescara del Tronto, Tufo, Capodacqua, assolutamente impraticabili.

L’Umbria e l’Abruzzo stimano rispettivamente 100.000 e 150.000 tonnellate di macerie. E se l’Umbria ne ha raccolto il 10,20%, la Regione Abruzzo non ne ha ancora avviato la raccolta.

Per accorciare i tempi e rendere più efficace la gestione delle macerie, Legambiente propone di riconsiderare cinque punti fondamentali: accelerare le demolizioni degli edifici pericolanti, intervenire a sostegno della raccolta dei beni di interesse culturale, riorganizzare la logistica relativa ai siti temporanei e al trasporto, programmare il riutilizzo delle macerie per la ricostruzione, organizzare un sistema di tracciabilità e monitoraggio in tempo reale delle macerie in forme fruibili dai cittadini.


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