È possibile che, proprio in questo momento storico, siano in calo gli investimenti per l’ambiente? A quanto pare sì. Diamo un’occhiata ai numeri per rendercene conto e per capire il fenomeno.
Partiamo innanzitutto da un dato: nel 2022 la preoccupazione dei cittadini per i cambiamenti climatici è tornata a salire, dopo il calo del periodo pandemico che aveva interrotto il trend in aumento osservato fino al 2019. A fronte di una media nazionale del 71%, la preoccupazione è maggiore in Veneto, interessando il 75,9% della popolazione, in Toscana con 73,4% e nelle Marche con 72,8%.
Gli effetti drammatici dell’alluvione in Emilia Romagna confermano l’elevato e crescente impatto degli eventi climatici estremi sulla vita delle comunità, sulle risorse del territorio e sull’evoluzione dei sistemi economici locali. Secondo il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (BES) dell’Istat l’Emilia-Romagna è la regione con la maggior quota di popolazione esposta al rischio di alluvioni di media entità, ben il 62,5% a fronte di una media nazionale dell’11,5%, e di gran lunga maggiore rispetto agli altri territori: si registrano valori superiori alla media in Provincia Autonoma di Trento con 25,9%, Toscana con 25,5%, Liguria con 17,4%, Calabria con 12,8% e Veneto con 11,7%.
Per affrontare le pesanti conseguenze del cambiamento climatico è necessario un cambio di paradigma dell’intervento pubblico, che deve rafforzare la spesa per investimenti finalizzati alla salvaguardia del territorio. In parallelo servono incentivi per gli investimenti privati e una maggiore diffusione delle coperture assicurative. Gli investimenti rappresentano il presupposto della prevenzione per mettere in sicurezza persone e attività economiche, come evidenziato nel recente intervento di Confartigianato.
I dati preoccupanti sugli investimenti pubblici
L’Italia ha registrato un lungo periodo di assottigliamento degli investimenti pubblici, che dal 3,7% del PIL del 2009 sono caduti al 2,1% nel 2018. Il successivo recupero si è interrotto nel 2022, anno in cui gli investimenti pubblici sono calati dell’1,1%, scendendo al 2,7% del PIL (era il 2,9% nel 2021). Gli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dovrebbero guidare, fino al 2026, un nuovo ciclo di ripresa dei processi di accumulazione di capitale pubblico.
Nel corso dell’ultimo decennio si è registrato un forte calo anche degli investimenti pubblici per l’ambiente. L’analisi dei dati dei conti pubblici territoriali elaborati dalla Agenzia per la Coesione Territoriale evidenzia che la spesa in conto capitale per l’ambiente delle Amministrazioni pubbliche centrali e locali (che comprende gli interventi per l’assetto idrogeologico e la conservazione del suolo, per la protezione dei beni paesaggistici, a sostegno delle attività forestali e la gestione di parchi naturali) nel 2020 risulta pari a 2.088 milioni di euro, pari allo 0,13% del PIL, in salita rispetto al minimo storico del 2018 (0,08% PIL), ma quasi dimezzato rispetto allo 0,21% del PIL del 2007.
Tra il 2000 e il 2007 la spesa in conto capitale per l’ambiente è stata pari allo 0,20% del PIL; sulla base della curva registrata nei tredici anni successivi, si calcola un accumulo di minori investimenti per 42.717 milioni di euro, pari a 3.286 milioni di euro in meno per ciascun anno.
Una analisi dell’Osservatorio MPI di Confartigianato Emilia Romagna ha evidenziato che la spesa in conto capitale per l’ambiente delle Amministrazioni pubbliche centrali e locali nel decennio 2010-2020 in Emilia Romagna è scesa del 41% rispetto alla media 2001-2010, con una maggiore accentuazione rispetto al calo del 37,4% della media nazionale.
La caduta degli investimenti pubblici per l’ambiente si è determinata in un contesto caratterizzato da una politica di bilancio che, tra il 2007 e il 2018, con la successione di sette differenti Governi, ha accumulato un avanzo primario di 240,7 miliardi di euro, equivalente all’1,3% del PIL medio all’anno, per creare il quale sono stati realizzati i tagli alle spese in conto capitale.