L’attenzione all’ambienteda parte degli amministratori locali sta finalmente crescendo, ma non dappertutto. Lo dice Ecosistema Urbano 2019, realizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, con il patrocinio del Comune di Mantova, della Commissione europea, del ministero dell’Ambiente e di Anci e Agende 21 locali italiane, e il contributo di Ecomondo e Ideaplast. Sono stati esaminati oltre 30mila dati, valutati in base a 18 parametri che determinano la classifica delle performance ambientali.
Gli indicatori parlano, anche quest’anno, di un’Italia che si muove in maniera disomogenea. Nel complesso migliora, ma sono tante le città in allarme smog o incapaci di assicurare un corretto ciclo dei rifiuti, si amplia il divario tra chi produce progressi nel trasporto pubblico e chi ha mezzi pubblici non adeguati alle esigenze di mobilità delle persone, restano piene di magagne le reti idriche, talora veri e propri colabrodo che disperdono nel nulla quantità enormi di acqua potabile, ci sono qua e là incredibili falle nella depurazione dei reflui fognari, una drammatica insicurezza stradale che lascia sul campo migliaia di morti e decine di migliaia di feriti ogni anno. Si fa fatica a capire come mai alcune criticità (il tasso di motorizzazione ad esempio e quello che ne consegue in termini di congestione, aria inquinata, rumore, consumo di risorse e produzione di gas serra) non vengano affrontate con la giusta determinazione e altre siano ampiamente sottovalutate (la lotta ai cambiamenti climatici, interventi rapidi di adattamento e per la resilienza).
Vivacità e propensione al cambiamento, oltre a caratterizzare le città in testa alla classifica, si trovano tuttavia anche in altri centri urbani, limitatamente ad ambiti specifici. Cercando una chiave di lettura sintetica dell’andamento delle performance ambientali delle città, bisogna abbandonare le solite coppie nord/sud, centri urbani grandi/piccoli o ricchi e poveri.
Nelle prime 20 posizioni si trovano, infatti, città grandi come Bologna, Comuni del sud come Cosenza, capoluoghi non ai vertici delle classifiche del PIL come Oristano, a confermare la regola che l’Italia del buon ecosistema urbano è principalmente l’Italia che fa bene e spende bene le sue risorse, che si evolve e pianifica le trasformazioni future.
Nelle ultime ventidue posizioni, si trovano alcuni grandi centri urbani: Napoli, Bari, Torino, Roma, Palermo, ciclicamente vittime di piccole-grandi emergenze, ora lo smog (Torino e Roma), ora i rifiuti (Napoli e Palermo, ma anche Roma), o l’acqua (Bari). Per non parlare dell’emergenza traffico che interessa più o meno tutti i grandi centri urbani d’Italia (Roma e Torino hanno ben più di 60 auto ogni 100 abitanti), aggravata nel caso della Capitale da un servizio di trasporto pubblico che pare condannato a una crisi senza fine.
In coda alla graduatoria si piazzano Vibo Valentia, Siracusa, Catania. Vibo Valentia non risponde a nessuna domanda da tre anni, Siracusa da un biennio. Catania, invece, terz’ultima, colleziona una serie di performance non esaltanti: perdite della rete idrica oltre il 45% (45,5% come lo scorso anno); una delle produzioni di rifiuti più alte in assoluto (733 kg/ab/anno), messa assieme con un anacronistico 7,7% di rifiuti raccolti in maniera differenziata e meno di venti centimetri quadrati di suolo a testa riservato a chi cammina.
Le prime in classifica
Trento, come tutte le città in testa, poteva contare già su buone performance complessive, deve il suo balzo in testa principalmente al miglioramento registrato nei tre parametri della qualità dell’aria, a una leggera crescita dei viaggi degli abitanti sul trasporto pubblico e all’aumento dell’attenzione alla mobilità ciclabile.
Mantova, prima lo scorso anno, conferma ottime performance generali. Contiene lievemente da un anno all’altro concentrazioni di polveri sottili e giorni di superamento dell’ozono e abbatte ulteriormente le perdite della rete idrica.
Bolzano, da tempo protagonista di performance buone e ottime, migliora il punteggio complessivo. Cala il biossido di azoto e si riducono sensibilmente i giorni di allarme ozono (da 39 del 2017 agli attuali 25), resta al 66,5% la raccolta differenziata dei rifiuti, ma aumenta la produzione pro capite, migliora il trasporto pubblico.
Pordenone è quarta (era sesta lo scorso anno) principalmente per un miglioramento nei tre indici legati all’inquinamento atmosferico, ai passeggeri trasportati dal Tpl e a una sostanziale conferma dell’ottima percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato (sfiora l’85%) e per essere la città che, più di tutte, contiene le perdite della rete idropotabile.
Parma è quinta ed è l’unica delle prime dieci città che cala nel punteggio complessivo. Infatti pur migliorando leggermente nelle performance legate agli inquinanti atmosferici, resta sostanzialmente ferma per quel che concerne i numeri legati a trasporto pubblico, isole pedonali e ciclabilità.