Ance: sì al Piano Casa, ma attenzione al federalismo urbanistico

Lavori pubblici di Marco Zibetti
I vicepresidenti dell’associazione, Andrea Marani e Giuliano Campana, hanno illustrato come leggi regionali diverse fra loro e applicazioni difformi tra comuni anche limitrofi possano essere un limite


Il Piano Casa 2 per il settore delle costruzioni è un’opportunità per uscire dalla crisi, ma anche un’occasione per la riqualificazione urbana che i governi locali non possono lasciarsi scappare. Il rischio però è che il “federalismo urbanistico”, con leggi regionali diverse fra loro e applicazioni difformi tra comuni anche limitrofi, ne freni l’utilizzo.

Queste sono le posizioni emerse alla 44ª edizione di Marmomacc in un convegno che ha visto come protagonisti i vicepresidenti nazionali di Ance, Andrea Marani e Giuliano Campana, e il presidente di Ance Veneto Stefano Pelliciari, insieme al sindaco di Verona Flavio Tosi e all’assessore all’urbanistica del capoluogo scaligero Vito Giacino.

Massimo Ghilloni, direttore dell’area legislazione per il mercato privato di Ance, ha tracciato il quadro nazionale dei provvedimenti: “Tutte le regioni, a eccezione della Provincia autonoma di Trento e del Molise, hanno approvato o stanno per approvare una legge per il Piano casa – ha spiegato Ghilloni – e tutti i provvedimenti intervengono sull’edificato e puntano a uno snellimento delle procedure.

Circa il 45% delle regioni consente gli ampliamenti anche su edifici a destinazione non residenziale e l’entità degli ampliamenti è generalmente del 20% con possibili incrementi tra il 5 e il 15% in funzione dei requisiti richiesti. Stessa percentuale anche per le regioni che consentono interventi di demolizione e ricostruzione su edifici non residenziali.

È infine del 60% la percentuale di regioni che ha introdotto una riduzione del contributo di costruzione. In generale gli interventi non sono permessi nei centri storici, per edifici vincolati o che insistono in aree inedificabili o a rischio idrogeologico e, naturalmente quelli abusivi. I comuni poi possono limitare o escludere l’applicazione degli interventi a specifiche aree o edifici del proprio territorio”.

Il Governo ha riscoperto il ruolo primario del nostro settore – ha commentato Marani – peccato che l’iniziativa non sia accompagnata da un piano finanziario, visto che su questo fronte siamo molto penalizzati, per esempio dagli studi di settore e dalla disciplina dell’Iva. Se decollerà veramente, il Piano casa può muovere, in tutta Italia, tra i 40 e i 60 miliardi di euro. Ma decollerà veramente? La palla passa adesso ai comuni”.

Siamo preoccupati per il futuro – ha sottolineato il presidente veneto Pelliciari – perché sappiamo già che non ci sono soldi, e spesso progetti, per nuove opere pubbliche. Quindi contiamo molto sulla legge del Veneto, pensata proprio in funzione anticrisi. Ma è altrettanto importante lo snellimento burocratico che è stato spesso trascurato fino a oggi”.

Il vicepresidente Campana ha invece focalizzato l’attenzione su due aspetti: il sostegno al comparto e la fiscalità. “Si parla sempre di aiuti al settore dell’auto, perché è necessario salvaguardare l’occupazione, ma ci si dimentica che la filiera dell’edilizia occupa ben due milioni di persone. E un sostegno potrebbe arrivare anche da una diversa politica fiscale; per esempio sugli appartamenti a reddito pesa una fiscalità del 43%, mentre sulle rendite finanziarie questa è solo del 12%. Perché non abbassare, magari per un paio d’anni, l’Iva dal 10 al 5%?”.


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