L’Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili, in occasione della presentazione da parte del governo del Dpef – Documento di programmazione economico finanziaria – per gli anni dal 2009 al 2013, ha presentato, in una novantina di pagine, il proprio punto di vista per quanto riguarda le scelte che, proprio secondo l’Associazione, il Governo non può più rinviare.
Così, l’intervento preciso dell’Ance, punta a stimolare e avviare un processo di recupero del ritardo nel settore delle infrastrutture, un ritardo accumulato dall’Italia nei confronti degli altri Paesi europei che ha limitato le possibilità di sviluppo e di competitività.
All’interno del documento, disponibile nella sua interezza sulsito dell’Ance, quest’ultima ha formulato una ipotesi di pianificazione strategica del territorio elaborando un modello di sviluppo unitario, prospettando un coinvolgimento da parte di tutti i vari livelli governativi.
Le varie ipotesi proposte da Ance nascono dalla necessità di intervenire concretamente e stabilmente all’interno delle grandi reti di collegamento europee e nazionali, ovvero nei cosiddetti “interventi cardine”, con lo scopo di poter, poi, intervenire anche all’interno degli “interventi complementari”, con il conseguente effetto positivo a cascata su tutto il territorio nazionale.
Secondo Ance, l’integrazione degli “interventi cardine” con quelli complementari sarebbe l’unica opportunità per riorganizzare l’intera area vasta, oltre a essere un mezzo di esternalità e potenzialità territoriale.
Di conseguenza, sarebbe necessaria una pianificazione complessiva del territorio costituita sia di grandi opera sia di piccoli e medi interventi diffusi al servizio dei centri urbani e produttivi del Paese.
Solamente collegandole, le reti sono in grado di connettere con efficienza i centri produttivi, commerciali e insediativi nazionali.
Così, sempre secondo Ance, fondamentali risulterebbero essere gli interventi di connessione tra le reti e le città, interventi fondamentali per sviluppare, nel seguito, uno scambio positivo tra la viabilità dei nodi e le grandi reti di collegamento.
Sulla scorta di tali considerazioni, l’Ance ha individuato una serie di priorità infrastrutturali che si snodano sull’intero territorio italiano, considerate le primarie esigenze per lo sviluppo del Paese. Sembra necessario dare priorità alla realizzazione dei corridoi transnazionali e dei relativi valichi, tenendo conto delle indicazioni definite sia livello europeo sia a livello nazionale.
Oltre a ciò, scorrendo l’elenco del documento dell’Ance, appare evidente l’attenzione dell’Associazione anche per altri temi, quali l’efficienza energetica e la questione del lavoro su tutte.
Anche l’Ance ha riconosciuto che l’efficienza energetica degli edifici si presenta come un punto fondante per lo sviluppo futuro.
Potendo ridurre del 30% le emissioni entro il 2020 a costo negativo (con investimenti cioè che permettono guadagni in tempi brevi), l’edilizia è, secondo l’IPCC, il settore che maggiormente può contribuire all’obiettivo del risparmio energetico.
Ottimizzare l’uso dell’energia non è quindi solo una esigenza per la sostenibilità ambientale, ma è una esigenza per lo sviluppo e la competitività del Paese.
Partendo dalla constatazione che la Legge finanziaria del 2007, istituendo la detrazione fiscale del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti (una misura confermata fino a tutto il 2010 dalla Finanziaria 2008) ha permesso, stando ai dati attualmente disponibili, un risparmio annuo di energia pari a circa 880.000 MWh a fronte di un fatturato complessivo di 1.431 milioni di euro con contributo dello Stato di circa 780 milioni di euro, l’Ance ha prospettato una utile stabilizzazione del provvedimento anche dopo il 2010.
Un’altra possibilità, non sostitutiva ma complementare alla precedente, sarebbe quella del contributo economico alle nuove costruzioni o agli interventi di sostituzione edilizia con edifici che presentino caratteristiche energetica particolarmente efficienti: ad esempio con valori di fabbisogno energetico dimezzati rispetto ai limiti di legge.
Un’altra soluzione sarebbe quella del loro riconoscimento sotto forma di contributo economico la cui copertura potrebbe essere costituita da una "ecotassa" sul consumo dei combustibili fossili, analogamente a quanto già avviene sulla bolletta elettrica per finanziaria le energie rinnovabili.
Se ciò accadesse, infatti, si potrebbero riequilibrare gli oneri tra chi consuma molto usando beni ad alti consumi e basso investimento, e chi consuma poco usando beni riqualificati o di nuova costruzione a maggior rendimento energetico.
Inoltre, si potrebbero recuperare risorse con cui finanziare tutti gli interventi edilizi che conseguano migliori rendimenti energetici, rispetto a quelli di legge, senza sul bilancio dello Stato.
Per quanto concerne più strettamente il settore ambientale e dello sviluppo sostenibile, l’Ance ha avanzato la seguente osservazione: pare di non essere in presenza di un’azione organica, ma, piuttosto, frammentata.
Per quanto riguarda il tema del costo del lavoro, l’Ance richiede un intervento opportuno, al fine di adeguare, entro i parametri europei, il sistema produttivo nazionale.
A tale proposito, l’Ance ha ribadito che il settore delle costruzione ha l’esigenza di ottenere una progressiva quanto opportuna riduzione del costo del lavoro, anche in virtù degli elevati oneri sociali che gravano su tale settore.
In tal modo sarà possibile, per le imprese edili, sia limitare i casi di evasione contributiva, sia operare correttamente in un mercato, altrimenti limitato dalla concorrenza sleale, a causa del crescente utilizzo di lavoratori irregolari.
Accanto agli interventi di carattere agevolativo, finalizzati alla creazione di nuovi posti di lavoro, è necessario pertanto predisporre alcuni interventi di carattere strutturale che contribuiscano alla riduzione del carico contributivo e conseguentemente ad aumentare la capacità competitiva delle imprese del settore delle costruzioni.