Non si riuscirà a perseguire gli obiettivi di una SEN seria con provvedimenti come lo “spalma incentivi” previsto dal Decreto “Destinazione Italia”. E' questa in sintesi la posizione di ANEV, Associazione Nazionale Energia del Vento, presentata alla X Commissione della Camera nel corso di un’audizione formale ieri.
L’ANEV ha ribadito che questa previsione sulla carta volontaria, di fatto si rivela un obbligo perché la non adesione comporterebbe l’impossibilità per l’operatore di effettuare qualsiasi tipo di intervento per dieci anni. Inoltre per il produttori di energia rinnovabile lo spalmare gli incentivi su un tempo maggiore di sette anni rispetto a quello residuo, comporterebbe un aggravio di costi e di oneriper rinegoziare con le banche il finanziamento, che renderebbe ancor più penalizzante la previsione.
Inoltre secondo i calcoli fatti, questa previsione ostacolerebbe nei fatti il raggiungimento degli obiettivi di riduzione di costi in bolletta posto come prioritario dalla SEN, infatti allungando il periodo e riconoscendo un adeguato corrispettivo, a fronte di una riduzione marginale immediata, non si farebbe altro che ipotecare le bollette future degli utenti con un approccio che rimanda il problema alle generazioni future che non può essere condiviso.
È necessario invece introdurre provvedimenti duraturi nel tempo e maggiormente risolutivi, senza gravare ulteriormente sugli operatori del settore eolico e senza ipotecare il futuro dei consumatori, come avverrebbe con lo “spalma incentivi”. Inoltre tale provvedimento si aggiungerebbe, rendendolo insopportabile, al carico di tasse introdotte negli ultimi anni (Imu e Robin Tax) oltre ai tagli retroattivi degli incentivi già effettuati (22% in meno di incentivi sui Certificati Verdi) e ai penalizzanti meccanismi introdotti con le aste e i registri (meno 40% dell’incentivo), che già hanno dimostrato la loro inapplicabilità al sistema italiano.
Gli effetti negativi di questo provvedimento non sarebbero limitati ai soli produttori di energia rinnovabile, ma si estenderebbero all’intero sistema Paese, che vedrebbe un’ulteriore perdita di credibilità verso gli investitori nazionali e internazionali, oltre alla perdita di occupazione e posti di lavoro.
Strada molto più corretta sarebbe invece quella di ridurre il costo dell’energia elettrica provvedendo alla definizione di nuovi strumenti di sostegno che superino l’idea di incentivo e passino invece per il tramite di una individuazione di un mix di sgravi fiscali e incentivi in conto capitale, e alla cartolarizzazione dei crediti per gli impianti esistenti per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo.
Con questo sistema si azzererebbe in pochi anni l’onere della componente A3 della bolletta, senza colpire gli imprenditori del settore e garantendo la continuità del sistema industriale eolico nazionale.