E’ in discussione in queste ore al Senato la Robin Hood Tax, imposta che prevede un inasprimento di quattro punti percentuali - da 6,5 a 10,5 - dell’addizionale Ires per le aziende energetiche con un fatturato superiore a 10 milioni di euro, comprese quelle che producono da fonti rinnovabili.
Questa nuova tassa è in aperta contraddizione con i programmi di promozione e sostegno dello sviluppo delle fonti rinnovabili, contenuti nel decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (in attuazione a precisi e vincolanti obblighi comunitari – il pacchetto Energia/Clima 20-20-20) e colpirebbe ulteriormente un comparto che si è già visto, negli scorsi mesi, tagliare significativamente gli incentivi nonostante il perdurare di elevati oneri autorizzativi e dell’incertezza normativa.
“Se la norma venisse realmente approvata - afferma Agostino Re Rebaudengo, Presidente di APER - metterebbe a rischio lo sviluppo di un settore chiave ed anticiclico per la nostra economia che sta già portando benefici diretti a tutti i cittadini/consumatori, riducendo i prezzi di borsa dell’energia elettrica nelle ore di picco estive per un ammontare di circa 500 milioni di euro/anno ed evitando costi per l'acquisto di titoli di emissione di CO2 per un ammontare pari a circa 200 milioni di euro/anno. La nuova tassa ridurrebbe drasticamente la prospettiva, al 2020, di nuovi posti di lavoro e di nuovi investimenti ad oggi previsti per oltre i 50 miliardi di euro”.
APER chiede quindi a Governo e Parlamento di rivedere radicalmente le modalità e gli ambiti di applicazione della Robin Hood Tax, eliminando tale iniqua e discriminatoria imposta a carico solo del settore energetico, fonti rinnovabili incluse.