Quanti sono gli architetti donna nel nostro Paese? E quanto guadagnano? Sono due delle domande a cui risponde un’analisi dell’Albo Unico Nazionale e l’indagine sulla professione di Architetto PPC 2022/2023 realizzata dal Consiglio Nazionale in collaborazione con il Cresme. Gelsomina Passadore, Consigliere Segretario del Cnappc, presenta i dati.
Su 157.763 iscritti all’Albo Unico Nazionale le donne sono 71.190; 14.225 le professioniste under 35 su un totale pari a 23.095 di professionisti sotto i 35 anni. È questa fascia di età che si caratterizza sempre più al femminile, insieme a quella tra i 41-50 anni nella quale le donne rappresentano il 30,6% degli iscritti e contro il 5,3% delle professioniste di oltre 64 anni. Negli ultimi dieci anni, tra 2010 e 2020, le donne architetto iscritte all’Albo sono cresciute del 13,9%.
Interessante il dato relativo alla distribuzione geografica, che vede ai primi posti le provincie di Genova, Modena e Ravenna per quota femminile, con, rispettivamente, il 54,9%, il 54,3% ed il 52,6% delle iscritte e agli ultimi posti con il 26,4%, il 29,7% ed il 31,9% di iscritte quelle Caltanissetta, Crotone e Agrigento.
Per quanto riguarda l’articolazione dell’attività lavorativa di tipo autonomo, essa è svolta per il 42,1% dalle donne contro il 57,9% degli uomini; sulla totalità di coloro che svolgono la propria attività in forma dipendente il 52% è donna (gli uomini lo sono per il 48%); sul totale dei docenti, le donne sono il 47,9% ,dato questo che si avvicina al 52% della componente maschile che si occupa di didattica.
Il reddito degli architetti donna
La nota dolente della distribuzione del reddito tra donne e uomini ci mostra una situazione (che riguarda la professione in generale) alquanto complessa. Da una parte siamo il Paese con il più alto numero di architetti in attività, dall’altra il reddito complessivo della categoria è decisamente inferiore rispetto a quello dei colleghi europei ed ha registrato negli ultimi dieci anni una contrazione di circa il 40%. In questo contesto la differenza tra reddito maschile e femminile risulta significativa e, nonostante si sia ridotta negli ultimi anni (nel 2000 era dell’85%) attestandosi al 54% di oggi, mostra una situazione grave ed importante che non è legata all’età delle professioniste e che non migliora con il rafforzamento della posizione lavorativa: il gap è, infatti, del 37,3% tra gli architetti con meno di 40 anni e sale al 50% nella classe di età superiore ai 40.
Quest’ultimo è un dato che va approfondito: le donne nella professione sono svantaggiate, non solo perché quando appartengono alle fasce più giovani devono fare i conti con un mercato del lavoro che, nel nostro come negli altri ambiti, garantisce ai giovani professionisti meno tutele destinandoli alla precarizzazione, ma anche perché ancora persiste, anche se sembra anacronistico (ma purtroppo non lo è), una forte difficoltà a conciliare vita familiare e attività professionale.
Basti pensare a quanto pesi sulle donne, a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione, la cura della propria famiglia di origine, soprattutto laddove mancano idonee infrastrutture di supporto. Da questo punto di vista esercitare la professione in alcune zone del Paese risulta più facile rispetto ad altre caratterizzate da minori opportunità di supporto e i dati di iscrizione all’Albo Unico ben rispecchiano questa situazione.
Qualche segnale positivo comunque si scorge. Dopo più di un decennio dal varo della Legge 120/2011(Golfo-Mosca) sull'inserimento di quote di genere nei consigli di amministrazione e dalle modifiche introdotte nelle norme elettorali, la presenza femminile nei CdA e negli organi di indirizzo politico-amministrativo degli enti locali e nazionali è in costante aumento, facendo ben sperare sulle scelte future che verranno prese al fine di favorire le opportunità delle donne, anche realizzando quella rete di supporto necessaria a favorirne l'attività professionale.
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