Sono l’ascolto dei territori e la capacità di declinare i bisogni e le aspettative delle mille sfaccettature che caratterizzano il nostro Paese gli elementi di riflessione su cui si interrogheranno (nel Congresso nazionale “Abitare il Paese. Città e territori del futuro prossimo” che si apre oggi, giovedì 5 luglio, a Roma all’Auditorium Parco della Musica) i tremila delegati in rappresentanza degli oltre 150mila architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori italiani attraverso il contributo di esperti internazionali, ricercatori, colleghi di molte nazioni, docenti ma anche umanisti, giuristi, intellettuali.
Un ascolto che, nei mesi passati, ha interessato quattordici città, in rappresentanza delle macro aree regionali, da nord a sud del Paese, città piccole e grandi e che ha fatto registrare una presenza complessiva di oltre settemila persone, architetti e non, amministratori locali, studiosi. Cittadini, principalmente, animati da un bisogno di sapere, conoscere, approfondire.
Ricevere ma soprattutto dare: indicazioni, proposte, suggerimenti che hanno impegnato in un primo lavoro di sintesi gli Ordini territoriali prima dell’ultima condivisione in sede di Conferenza nazionale degli Ordini per poi diventare l’ossatura di quello che sarà l’impianto propositivo politico, strategico, culturale e sociale che gli architetti italiani metteranno a disposizione dell’Esecutivo, del Parlamento e delle Amministrazioni locali per un grande rinnovamento, una vera e propria rifondazione, delle città e dei territori italiani.
“Il nuovo modello di città di cui da tanto, troppo, tempo si parla, spesso anche a sproposito e senza la necessaria competenza, deve diventare - sottolinea Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori - una delle maggiori priorità che il Paese deve affrontare e deve rispondere a quattro principi fondamentali: centralità dell’uomo, qualità della vita, benessere, salute. Principi che solo un'architettura di qualità può garantire”.
“Non vi è momento della vita delle persone - continua - che non registri un intervento incisivo degli architetti. Serve guardare la strada che abbiamo di fronte con occhi nuovi, aperti, consapevoli, che se non metteremo da parte il nostro provincialismo, non sapremo guardare alle esperienze internazionali e non sapremo risvegliare le nostre coscienze, saremo condannati ad una asfissia intellettuale che porterà il Paese al definitivo degrado”.