Paolo Buzzetti, Presidente dell’Ance, nel corso dell’Assemblea Ordinaria delle Associazioni Aderenti,
svoltasi lo scorso 3 luglio a Roma, ha cercato di delineare la
situazione italiana e il contesto all’interno del quale ci si deve
muovere.
Partendo dalla constatazione del grave ritardo strutturale dell’Italia nei confronti degli altri principali Paesi europei, Buzzetti ha fatto riferimento al principio di responsabilità che “non può trovare indifferente il settore delle costruzioni”.
Per dare un’idea più concreta, basta pensare che il settore delle costruzioni rappresenta il 52,6% degli investimenti fissi del Paese, ovvero l’11,1% del PIL, il 27,9% dell’occupazione industriale.
Le persone che sono direttamente coinvolte nel settore sfiorano i due milioni (per la precisione, 1.955.000).
Dal 1998 al 2007, la crescita degli investimenti in costruzioni è più che raddoppiata rispetto a quella del Pil.
Il Presidente ha cercato di definire schematicamente le principali cause del ritardo italiano in tale settore nei confronti dei diretti competitors.
Come primo punto, secondo Buzzetti, è stato perso “il senso della responsabilità. È quella responsabilità che muove ciascuno ad operare perseguendo i propri obiettivi in modo consapevole, riconoscendo l’esistenza e il limite degli interessi altrui, sulla base di un sistema di regole chiaro e attuabile”.
“È
solo attraverso quest’insieme di regole che si dà senso alla
responsabilità, e può essere raggiunta l’efficienza. Ciò che manca è un
insieme organico, che offra a ciascuno i confini del proprio ruolo,
della propria missione”.
Insieme a responsabilità e regole organiche, anche efficienza. “L’efficienza
a cui penso non è un semplice concetto economico, ma un’idea più ampia,
che consente a tutti i soggetti che vivono e lavorano nel Paese di
svolgere pienamente le proprie funzioni. E’ l’unico mezzo che abbiamo
per garantire un futuro al nostro Paese, una costruzione che sia di
progresso, sociale ed economico”.
La questione infrastrutturale
Per quanto riguarda questo aspetto, il Presidente ha parlato di “livelli di guardia” e di “urgenza di accorciare il Paese”.
“Quello
che definiamo gap infrastrutturale italiano non è una calamità
naturale, ma la diretta e prevedibile conseguenza dell’impotenza
decisionale”.
“Il
recupero del ritardo infrastrutturale non si esaurisce con la
realizzazione delle grandi opere, ma passa e si stabilizza anche
attraverso i piccoli e medi interventi diffusi sul territorio”.
Così,
si è passati a sottolineare la necessità di adeguare alle richieste e
agli standard internazionali i vari nodi delle reti infrastrutturali,
le grandi reti di collegamento che svolgono la propria funzione
“solo se sono in grado di connettere i centri produttivi, commerciali e
insediativi del Paese, ovvero i nodi dell’armatura territoriale, i veri
propulsori dello sviluppo”.
Pur riconoscendo i tentativi che il nuovo esecutivo ha cercato di mettere in atto in questi primi mesi di governo, Buzzetti ha sottolineato come nel DPEF non sia riportato l’impegno per il triennio 2009-2011 di garantire un livello di stanziamenti adeguato agli obiettivi del settore delle infrastrutture.
“Vorremmo
che fossero indicati, chiaramente, i fondi che, con auspicabile
certezza, saranno messi a disposizione negli anni per le opere che sono
state individuate. Il Governo indichi quali opere saranno realizzate,
quando e con quali risorse”.
Questo soprattutto
nell’interesse delle singole imprese, che “hanno bisogno di conoscere
ciò che concretamente succederà nel prossimo futuro, per avere la
possibilità di investire, di innovare, di crescere”.
Imprese, qualità, regole
Legato
al tema della responsabilità, quello della qualità delle varie imprese.
Non basta un sistema di regole qualsiasi per garantire buoni risultati
nel settore, è necessario che tali regole siano efficienti e ben
studiate.
Buzzetti ha
posto a confronto il mercato delle imprese private con quelle
pubbliche. Per questo ultimo settore, egli sostiene, non si riesce ad
attivare il processo, tipico nei privati, di selezione delle imprese
migliori, a causa di “una normativa
semplicistica e diffidente che si illude di compiere una selezione tra
le imprese senza una loro valutazione, che si limita a fissare
l’asticella a una certa altezza, senza verificare come viene, poi,
superata”.
Si arriva, così, ad avere “un mercato in continua emergenza,
sommerso dai contenziosi, che vede allungare i tempi di realizzazione
dei lavori, e che penalizza costantemente qualsiasi spinta
all’efficienza e alla crescita industriale delle imprese”.
Il Presidente ha toccato anche il tema degli appalti, sottolineando come si debba tornare a rispondere al criterio della funzionalità nell’assegnazione delle stesse.
“serve,
inoltre, una rivisitazione dell’istituto del general contractor, anche
con riguardo ai rapporti che intercorrono tra questo e le imprese
appaltatrici”.
La città al centro della rinascita del Paese e politica abitativa
Un
altro nodo riguarda i problemi relativi alle grandi città, micro
dimensione che secondo Buzzetti potrebbe essere in grado di svolgere un ruolo strategico nelle dinamiche di crescita e competitività futura, perseguendo una diffusa “qualità
della vita, intesa come bellezza del territorio, dell’edificato,
qualità delle relazioni, accessibilità ai luoghi, integrazione sociale”.
Sarebbe, così, necessario un processo di rinnovamento urbano delle grandi metropoli.
Un patto fiscale
In
controtendenza rispetto a tutte le azioni degli anni passati in materia
fiscale, Buzzetti, a nome dell’intera Associazione, ha proposto al
Governo un “patto fiscale” con l’obiettivo di invertire la tendenza, utilizzando, così, la leva fiscale “come elemento propulsivo dell’economia del settore”.
“Occorre
rimuovere gli ingiustificati ostacoli fiscali allo sviluppo
dell’attività edile e superare le ingiustizie legali e fiscali che
rendono meno conveniente l’investimento immobiliare, rispetto a tutte
le altre forme di impiego del risparmio”.
Il costo del lavoro in edilizia
In tema di costo del lavoro, il primo elemento rilevato è stato il forte divario esistente tra i guadagni dei lavoratori e il costo per le imprese, “con effetti distorsivi sul sistema delle aziende edili e della concorrenza”.
Tale
distorsione sarebbe una delle cause primarie della diffusione del
lavoro sommerso, un problema fortemente sentito all’interno del settore
dell’edilizia.
La sicurezza nei cantieri
Il problema della sicurezza è il cuore dell’attenzione nazionale in questo particolare momento. Continua a essere un’emergenza nonostante, stando alle parole di Buzzetti, il settore edile risulta essere il più attento alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Nonostante
ciò, però, si dovrebbe passare “dalla sicurezza garantita dalle carte a
quella dei processi realizzativi”. E per fare ciò il punto di partenza
risiede nella cultura di informazione e formazione che dovrebbe essere
insita nel Dna di ogni impresa.
Il Presidente ha prospettato
anche un sistema di premialità come incentivo all’attenzione per la
sicurezza per quelle imprese che “vorranno investire, sia in termini di tecnologie, sia in termini di formazione, nella sicurezza dei propri lavoratori”.
L’Ance sta, inoltre, elaborando un Codice di comportamento per gli associati.
Innovazione tecnologica e risparmio energetico
Inestricabilmente legati al settore dell’edilizia sono gli aspetti che ricadono sotto l’etichetta della sostenibilità ambientale.
“Il risparmio energetico degli edifici deve essere vissuto come un’opportunità di mercato e di crescita per le nostre imprese”.
Tuttavia, per poter cogliere in pieno tali potenzialità anche economiche, sarebbero necessari delle procedure “chiare e semplici” oltre al già citato processo dei premi e degli incentivi.
“È
necessario un quadro compiuto delle regole con le quali operare e
confrontarsi, assieme a progettisti, produttori di materiali,
compratori, venditori, investitori; regole che, per un corretto ed
efficiente funzionamento del mercato, occorre siano chiare, univoche
sul territorio nazionale e conosciute con congruo anticipo rispetto
alle scadenze”.