L’Ance, Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, enuncia un dato preoccupante: il 70% delle cause di blocco delle opere si concentra nella fase a monte della gara. Come fare per risolvere quest’annosa questione?
“Serve più coraggio, non perdiamo un’occasione unica”, con queste parole il Presidente Gabriele Buia, ha aperto i lavori del convegno. “Il coraggio di semplificare” (qui il video) che ha visto protagonisti il Segretario generale alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Roberto Chieppa, e il Giudice emerito della Corte costituzionale, Sabino Cassese, oltre ai Vice Presidenti Ance, Edoardo Bianchi e Filippo Delle Piane.
Cosa manca al Decreto Semplificazioni?
Gabriele Buia, pur riconoscendo che il Decreto Semplificazioni contiene alcune note positive, in particolare sulla riperimetrazione del danno erariale e dell'abuso d'ufficio, mostra grande preoccupazione per la forte resistenza burocratica, che porta a snellire solo le procedure di gara e non quelle a monte. Secondo Buia, inoltre, è opportuno "evitare, questa volta, il continuo rimando a decreti attuativi che non fanno che ritardare l'entrata in vigore delle norme che spesso rimangono lettera morta”. I dati parlano chiaro: tra i governi Conte I e Conte II ci sono ancora 570 decreti da attuare.
Per il Segretario generale Roberto Chieppa, “non si può pensare che un decreto basti per risolvere i problemi del Paese, ma ci si augura che questo provvedimento possa contribuire a un cambio culturale nella burocrazia italiana, rendendola in grado di aiutare cittadini e imprese”. Per il professor Sabino Cassese sono sette i punti d’attacco per semplificare il Paese: "operare sulla legislazione che in questi anni è stata troppo ambiziosa; eliminare gli incentivi al non fare; ridurre i decisori, i centri di decisione; riportare i tecnici nella Pubblica amministrazione; riordinare le sequenze decisionali dell'amministrazione e semplificare la contrattazione pubblica”.
Secondo Edoardo Bianchi “chi non parla di semplificazioni è fuori moda. Il documento Colao ed anche gli Stati Generali ambivano ad una generale semplificazione della vita quotidiana. Hanno fallito perché la semplificazione non si fa a parole, ma la si persegue con provvedimenti concreti. Se permane in ogni intervento quella generale cultura del sospetto, allora nulla potrà cambiare”.
Sulla stessa linea anche Filippo Delle Piane, per il quale "si fa presto a dire semplificare. Molto meno a farlo. Ogni qualvolta, anche in passato, si è pensato di aver introdotto delle semplificazioni normative e procedurali, poi alla prova dei fatti ci si è accorti che nulla era cambiato in meglio, semmai il contrario. Nel caso del settore privato questo paradosso è ancora più evidente. Se, infatti, nei lavori pubblici ci si scontra per lo più con la normativa statale, nel privato il labirinto giuridico e procedurale assume dimensioni più che kafkiane. A farne le spese sono le nostre città: immobili".