La lotta per il clima dev’essere una priorità per il nostro Paese. Il perché lo svela l’analisi realizzata dalla Fondazione CMCC (Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici). Questa, attraverso un avanzato utilizzo di modelli climatici ad alta risoluzione applicati allo studio della realtà italiana, consente di capire cosa ci attende nel futuro prossimo.
Ne emerge un quadro in cui il rischio cresce, nei prossimi decenni, in molti ambiti, con costi economico-finanziari consistenti per il Paese e con impatti che interessano in maniera più severa le fasce sociali più svantaggiate e tutti i settori, con particolare riferimento alle infrastrutture, all’agricoltura e al turismo.
Il clima atteso per il futuro dell’Italia
“Il rapporto rappresenta il punto più avanzato della conoscenza degli impatti e l’analisi di rischio integrato dei cambiamenti climatici in Italia”, spiega Donatella Spano, membro della Fondazione CMCC e docente dell’Università di Sassari, che ha coordinato i trenta autori che hanno redatto i 5 capitoli che compongono la ricerca. “L’analisi del rischio e dei suoi effetti sul capitale ambientale, naturale, sociale ed economico, consentono di sviluppare piani di gestione integrata e sostenibiledel territorio, valorizzandone le specificità, peculiarità e competenze dei diversi contesti territoriali”, continua Spano.
“La sfida del rischio connesso ai cambiamenti climatici parte dalla conoscenza scientifica per integrare l’adattamento, lesoluzionida mettere in campo di fronte al rischio, in tutte le fasi dei processi decisionali, nelle politiche pubbliche, nei programmi di investimento e nella pianificazione della spesa pubblica, in modo da garantire lo sviluppo sostenibile su tutte le scale territoriali e di governance”.
I diversi modelli climatici sono concordi nel valutare un aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050 (rispetto a 1981-2010). Nello scenario peggiore l’aumento della temperatura può raggiungere i 5°C. Diminuzione delle precipitazioni estive nelle regioni del centro e del Sud, aumento di eventi precipitazioni intense. In tutti gli scenari aumenta il numero di giorni caldi e dei periodi senza pioggia. Conseguenze dei cambiamenti climatici sull’ambiente marino e costiero avranno un impatto su “beni e servizi ecosistemici” costieri che sostengono sistemi socioeconomici attraverso la fornitura di cibo e servizi di regolazione del clima.
Rischio climatico ed economico
La capacità di adattamento e la resilienza in Italia sono temi che interessano l’intero territorio italiano da Nord a Sud. Anche se più ricche e sviluppate, le regioni del Nord non sono immuni agli impatti dei cambiamenti climatici, né sono più preparate per affrontarli, come testimoniano gli eventi di cronaca degli ultimi giorni, con decine di allagamenti e nubifragi nel Varesotto (Lombardia). Per quanto riguarda gli eventi estremi, la probabilità del rischio è aumentata in Italia del 9% negli ultimi vent’anni.
I costi degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia aumentano rapidamente e in modo esponenziale al crescere dell’innalzamento della temperatura nei diversi scenari, con valori compresi tra lo 0,5% e l’8% del Pil a fine secolo. I cambiamenti climatici aumentano la disuguaglianza economica tra regioni. Tutti i settori dell’economia italiana risultano impattati negativamente dai cambiamenti climatici, tuttavia le perdite maggiori vengono a determinarsi nelle reti e nella dotazione infrastrutturale del Paese, nell’agricoltura e nel settore turistico nei segmenti sia estivo che invernale (si attende una contrazione della domanda per 52 miliardi di euro a fine secolo). I cambiamenti climatici richiederanno numerosi investimenti e rappresentano un’opportunità di sviluppo sostenibile che il Green Deal europeo riconosce come unico modello di sviluppo per il futuro. È il momento migliore in cui nuovi modi di fare impresa e nuove modalità per una gestione sostenibile del territorio devono entrare a far parte del bagaglio di imprese ed enti pubblici, locali e nazionali. L’Italia è il Paese europeo con la più alta esposizione economica al rischio alluvionale. In uno scenario di aumento di temperatura pari a 3°C al 2070, i costi diretti in termini di perdita attesa di capitale infrastrutturalesi aggirerebbero tra gli 1 e i 2,3 miliardi di euro annui nel periodo 2021-2050, e tra gli 1,5 e i 15,2 miliardi di euro annui nel periodo 2071-2100. Per quanto riguarda l’innalzamento del livello del mare e le inondazioni costiere, nello scenario peggiore si attendono costi fino a 900 milioni di euro al 2050 e possono raggiungere 5,7 miliardi di euro a fine secolo.
Le città e l’ambiente urbano
I centri urbani ospitano il 56% della popolazione italiana, sono i principali luoghi in cui si erogano servizi alla cittadinanza e, allo stesso tempo, sono dei veri e propri “hot-spot” per i cambiamenti climatici, sono cioè aree geografiche caratterizzate da vulnerabilità ed esposizione molto elevate. In seguito all’incremento nelle temperature medie ed estreme, alla maggiore frequenza (e durata) delle ondate di calore e di eventi di precipitazione intensa, bambini, anziani, disabili e persone più fragili saranno coloro che subiranno maggiori ripercussioni. Sono attesi, infatti, incrementi di mortalità per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico e un incremento delle malattie respiratorie dovuto al legame tra i fenomeni legati all’innalzamento delle temperature in ambiente urbano (isole di calore) e concentrazioni di ozono (O3) e polveri sottili (PM10). Nel 2019 i giorni di caldo intenso sono stati 29 in più rispetto al periodo 1961-1990.