Il Parlamento europeo ha approvato la Direttiva sulle case green, un provvedimento che ha già fatto molto discutere. Questo prevede l’obbligo di dotarsi di abitazioni in classe E entro il 2023 e di abitazioni in classe D entro il 2033. Per gli edifici non resienziali e per quelli pubblici, le scadenze sono fissate al 2027 e al 2030. Per venire incontro alle specificità dei singoli Paesi, la direttiva prevede che sia considerato in classe G il 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori di ogni Stato.
Questi obiettivi sono comunque complicati da raggiungere nel contesto italiano. Ecco cosa ne pensa il il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto.
“La direttiva sulle Case Green approvata in Parlamento europeo è insoddisfacente per l’Italia. Anche nel Trilogo, come fatto fino a oggi, continueremo a batterci a difesa dell’interesse nazionale”.
“Non mettiamo in discussione - spiega il Ministro - gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, che restano fondamentali. Manca però in questo testo - osserva Pichetto - una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugio’ delle famiglie italiane”.
“Individuare una quota di patrimonio edilizio esentabile per motivi di fattibilità economica - prosegue Pichetto - è stato un passo doveroso e necessario, ma gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese”.
Come si muoverà l’Italia?
“Nessuno - chiarisce il Ministro - chiede trattamenti di favore, ma solo la presa di coscienza della realtà: con l’attuale testo - prosegue - si potrebbe prefigurare la sostanziale inapplicabilità della direttiva, facendo venire meno l’obiettivo ‘green’ e creando anche distorsioni sul mercato. Forti anche della mozione approvata dal nostro Parlamento - conclude Pichetto - agiremo per un risultato negoziale che riconosca le ragioni italiane”.
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