I compensi per le prestazioni professionali incassati successivamente alla cessazione dell’attività sono rilevanti ai fini Iva. Il fatto generatore dell’imposta deve essere, infatti, identificato con l’effettuazione del servizio e non con il momento del pagamento da parte del cliente. Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza 8059, depositata lo scorso 21 aprile.
“Detta soluzione - si legge nella sentenza - è tra l’altro imposta dalla necessità di assicurare il compiuto rispetto del principio di neutralità fiscale dell’Iva, in forza del quale il tributo è esclusivamente destinato a gravare sul consumatore finale e non può risolversi né in svantaggio né in vantaggio per gli operatori economici che intervengono nei passaggi intermedi del ciclo produttivo/distributivo”.
La vicenda riguardava alcuni compensi riscossi da un architetto dopo la cessazione della propria attività. Secondo il fisco dovevano essere assoggettati ad Iva, mentre, per il professionista, poiché aveva chiuso la partita Iva precedentemente all’incasso, andavano trattati come redditi diversi e quindi fuori dal campo di applicazione dell’imposta.