La riforma del Codice Appalti tiene banco. Di questo, e non solo, ha parlato il presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Armando Zambrano, che è intervenuto al Festival del Lavoro, organizzato dal Consiglio dei Consulenti del Lavoro.
“Quello del Codice degli Appalti è un tema ricorrente - ha affermato - sono anni che se ne parla, si fanno riforme e controriforme. È una specie di elastico in cui si passa da norme restrittive a norme di liberalizzazione eccessive e poi si torna a norme restrittive, in base agli umori politici del momento. Credo che oggi finalmente il dibattito stia prendendo la linea giusta: cambiare il Codice per certi aspetti, ma più che il Codice tutto quelle norme affastellate, provvedimenti e soft tool che si sono aggiunti al mostro giuridico di 300 articoli. Come fare?”.
“Il principio che va mantenuto è quello che il vecchio codice aveva affermato, ossia la centralità della progettazione, che per noi è un mantra, un obiettivo fondamentale, che spesso finisce per essere perso di vista da chi scrive le norme. Centralità della progettazione significa che, per fare un’opera pubblica di qualità nei tempi e nei costi previsti, il progetto deve essere fatto bene, il che comporta tutta una serie di necessità. Fare una programmazione è importantissimo, perché distribuire i fondi in funzione delle opere è una cosa complessa, che prevede anche una strategia che riguarda il Paese, un’organizzazione complessiva fondamentale. Poi si tratta di affidare il progetto a chi lo sa fare. C’è bisogno di interdisciplinarietà, garantita da gruppi professionali con decine di professionisti che spaziano dallo strutturista, al geologo, all’agronomo, all’architetto e così via. Un mondo di professionalità e competenze che va messo insieme”.
“Detto questo, la norma ovviamente va semplificata, sburocratizzata. Noi abbiamo vissuto 130 anni con la legge sui lavori pubblici del 1865. Non sogno un ritorno al passato, ma quella norma ha funzionato bene per tutto quel tempo perché basata su regole semplici e chiare. Probabilmente ad essa mancava solamente una prescrizione più forte per le varianti che sono la rovina di questo Paese. Serve quindi una semplificazione delle norme, da affiancare alla centralità della progettazione e ad una programmazione adeguata. Per questo motivo, la norma che è venuta fuori dalla Finanziaria sulla centrale di progettazione ci ha molto preoccupato come categorie tecniche, proprio perché pensare che lo Stato possa supplire a tanti professionisti, tante strutture, tante stazioni appaltanti, anche fatte e ben motivate, con un’unica centrale che possa redigere progetti per tutto il Paese ci sembra un’assurdità. Sarebbe molto diverso se, invece di centrale di progettazione, parlassimo di centrale di programmazione. E’ lì che veramente c’è la necessità di utilizzare risorse anche in prospettiva”.