Codice Appalti: l’Anac denuncia un pericolo concreto

Edilizia di Marco Zibetti
Sono numerosi i temi affrontati da Busia, presidente dell’Anac, nel corso della sua Relazione annuale alla Camera. Tra questi, i rischi del Codice Appalti

Sul Codice Appalti è bene prestare la massima attenzione. L’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), infatti, mette in guardia da un pericolo concreto. Andiamo a scoprire di cosa si tratta.

Il Presidente, Giuseppe Busia, ha tenuto alla Camera dei deputati la Relazione annuale dell’attività dell’Autorità. Tra i temi affrontati il Pnrr e la necessità di una sua rinegoziazione, l’eccessivo utilizzo di deroghe e soglie alte nel nuovo Codice appalti “scorciatoie meno efficienti e foriere di rischi”, i pericoli del subappalto a cascata, i freni dell’ingresso di donne e giovani negli appalti Pnrr, la non introduzione nel Codice dell’obbligo di dichiarare il titolare effettivo, come richiesto da Anac.

Sul Pnrr “decisiva sarà la rinegoziazione di alcune misure - ha detto Busia -. Non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei. Il Pnrr deve essere terreno condiviso, sottratto alla dialettica politica di corto respiro. Precondizione di tutto ciò è la massima trasparenza e controllabilità dei progetti e dello stato degli investimenti”.

Sul nuovo Codice Appalti, Busia ha ripetuto: “La deroga non può diventare regola, senza smarrire il suo significato e senza aprire a rischi ulteriori. Nel tempo in cui, grazie all’impiego delle piattaforme di approvvigionamento digitale e all’uso di procedure automatizzate, è possibile ottenere rilevantissime semplificazioni e notevoli risparmi di tempo, accrescendo anche trasparenza e concorrenza, sorprende che per velocizzare le procedure si ricorra a scorciatoie certamente meno efficienti, e foriere di rischi. Tra queste, l’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l’eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino a cinque milioni di euro”.

Forte il richiamo del Presidente Anac alla qualificazione delle stazioni appaltanti, indispensabile per la modernizzazione dell’Italia e raggiungere standard europei. “Solo le amministrazioni in grado di utilizzare le più evolute tecnologie possono gestire le gare più complesse e procedure quali project financing e dialogo competitivo. Le potenzialità insite nella riforma - ha aggiunto il Presidente Anac - sono state, tuttavia, limitate innalzando a 500.000 euro la soglia oltre la quale è obbligatoria la qualificazione per l’affidamento di lavori pubblici, col risultato di escludere dal sistema di qualificazione quasi il 90% delle gare espletate. Non possiamo più sostenere un’architettura istituzionale in cui tutte le 26.500 stazioni appaltanti registrate possano svolgere qualunque tipo di acquisto, a prescindere dalle loro capacità. Occorre una drastica riduzione del loro numero, unitamente alla concentrazione delle procedure di affidamento in alcune decine di centrali di committenza specializzate, diffuse sul territorio, che diventinocentri di competenza al servizio delle altre stazioni appaltanti. Si tratta di una necessità, non solo per rispondere all’obiettivo posto dal Pnrr, ma anche per assicurare procedure rapide, selezionare i migliori operatori e garantire maggiori risparmi nell’interesse generale”.

Busia ha poi messo in guardia sui rischi del “subappalto a cascata. Il nuovo Codice appalti - ha detto - ha eliminato il divieto del 'subappalto a cascata'. Non possiamo dimenticare che tale istituto, per poter conservare una ragione economica, quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa necessariamente si scarica o sulla minore qualità delle opere, o sulle deteriori condizioni di lavoro del personale impiegato. Quando il ricorso al subappalto non è giustificato dalla specificità delle prestazioni da realizzare, mentre può risultare vantaggioso per il primo aggiudicatario, si rivela il più delle volte poco conveniente per la stazione appaltante, per i lavoratori e per le stesse imprese subappaltatrici, che vedono via via compressi i propri margini di profitto, rispetto a quanto avrebbero ottenuto come aggiudicatarie dirette”.

Quanto all’obbligo di dichiarare il titolare effettivo nelle gare pubbliche, Busia ha rimarcato: “Purtroppo, si è persa l’occasione di introdurre nel Codice, nonostante i numerosi solleciti, l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare il titolare effettivo dell’impresa, rafforzandolo con adeguate sanzioni per l’omessa o la falsa dichiarazione. Gli enti pubblici devono conoscere i soggetti con cui intrattengono rapporti contrattuali, al di là degli schermi societari. Speriamo che il legislatore voglia presto colmare tale mancanza, in linea con quanto richiesto dalla normativa internazionale, anche in materia di antiriciclaggio”.

Gli altri temi della Relazione dell’Anac

Sul lavoro di donne e giovani negli appalti Pnrr, il Presidente Anac ha sottolineato: “Ci siamo impegnati per la migliore implementazione della disciplina sulla parità generazionale e di genere nei contratti pubblici, che mira a garantire migliori prospettive occupazionali alle donne e ai giovani in settori del mercato altrimenti difficilmente accessibili. Tuttavia, i dati confermano che, quasi nel 60% degli appalti sopra i 40.000 euro e nel 44% di quelli sopra i 150.000 euro, le stazioni appaltanti non hanno inserito, nei bandi, le relative clausole”.

Per quanto riguarda il Decreto sul Ponte dello Stretto, Busia ha ribadito: “Rileviamo uno squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi. Il recente decreto-legge, sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa, ha riavviato l’iter di realizzazione del ponte tra Sicilia e Calabria. Sono stati, da parte di Anac, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal Governo in sede di conversione del decreto”.

 

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