Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ne è certo: con il nuovo Codice Appalti, il principio del massimo ribasso non può essere applicato neanche per gli affidamenti diretti. Andiamo a scoprire il ragionamento dietro a questa affermazione.
La circolare del CNI parte dal fatto che attualmente l’art.1, comma 1, della legge n.49/2023 stabilisce espressamente il diritto del professionista ad un compenso equo, proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Si tratta di uno strumento che, tra le altre cose, si ripropone di tutelare i professionisti soprattutto nei loro rapporti con gli operatori di mercato cosiddetti “forti”, come la P.A. In questo quadro, i parametri riportati nell’omonimo decreto ministeriale rappresentano la base per la determinazione di un compenso equo, non derogabile in senso riduttivo o peggiorativo.
Detto questo, sulla base del chiarimento della natura giuridica dell’“affidamento diretto” contenuta nel nuovo Codice dei Contratti, il CNI ravvisa che esso risulta pienamente compatibile con l’applicazione dell’equo compenso cui fa riferimento la legge 21 aprile 2023 n.49 (“Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”). Sappiamo che il decreto legislativo n.36/2023 stabilisce che non è possibile procedere all’aggiudicazione di commesse aventi ad oggetto l’esecuzione di prestazioni intellettuali sulla base del massimo ribasso, in quanto la base d’asta costituisce già il compenso equo. La procedura dell’affidamento diretto stabilita dal Codice dei Contratti non prevede l’applicazione dei criteri di aggiudicazione, ma questo ovviamente non esclude, ma piuttosto rafforza, l’idea della necessità di giungere, anche per questo tipo procedurale, ad una individuazione dell’affidatario sulla base di criteri “qualitativi” e non meramente economici. Più precisamente, anche per gli affidamenti diretti, la selezione incentrata esclusivamente su “criteri quantitativi” di ribasso economico, se conduce alla determinazione di un compenso in favore del professionista inferiore al compenso equo, si deve ritenere illegittima.
Il parere del presidente del CNI
Il presidente Perrini precisa che “il principio dell’equo compenso è uno strumento per la valorizzazione sociale e la tutela dei liberi-professionisti italiani che il Legislatore ha inteso difendere nei confronti degli operatori “forti” del mercato. Assodato, quindi, che l’equo compenso rappresenta un diritto non comprimibile del professionista intellettuale, anche l’affidamento diretto deve perfezionarsi sulla base di criteri esclusivamente qualitativi una volta che il valore della commessa, così come stimato dalla stazione appaltante, sia di pari al “compenso equo”.
Va ricordato, in questo contesto, che, secondo il CNI, sfugge al divieto di ribasso la componente economica delle spese stimate dell’incarico professionale, in quanto esse non sono propriamente inquadrabili come compenso.
In sintesi, nei casi di ricorso all’affidamento diretto di servizi di ingegneria ed architettura, l’assenza di una procedura concorrenziale e la necessaria prevalenza del principio dell’equo compenso, secondo il parere del CNI, porta a ritenere “non utilizzabile” un criterio di “individuazione” dell’affidatario incentrato sul solo “prezzo” della prestazione e questo non solo per l’affievolimento delle esigenze concorrenziali, ma anche per la fisiologica incapacità di selezionare efficacemente una procedura incentrata esclusivamente sul parametro economico.
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