La riforma del Codice Appalti è stata approvata dal Consiglio dei Ministri. Si tratta ovviamente di un provvedimento molto atteso dalle imprese del settore edile. Andiamo a scoprire le principali novità.
Il testo è stato rivisto e integrato alla luce delle osservazioni delle commissioni parlamentari e procede nella direzione della semplificazione, sburocratizzazione delle procedure e liberalizzazione. Uno strumento che, nelle intenzioni, mette in grado istituzioni e imprese di lavorare con celerità per fornire beni e servizi ai cittadini.
Secondo l’Esecutivo, per fare una gara si risparmieranno dai sei mesi ad un anno, grazie innanzitutto alla digitalizzazione delle procedure (in vigore dal 1°gennaio 2024). Una banca dati degli appalti conterrà le informazioni relative alle imprese, una sorta di carta d’identità digitale, consultabile sempre, senza che sia necessario per chi partecipa alle gare presentare di volta in volta plichi di documentazione, con notevoli risparmi di costi e soprattutto di carta. Una norma apprezzabile anche sotto il profilo ambientale. Soggetti appaltanti, ma anche imprese e cittadini avranno disponibili on line i dati per garantire trasparenza.
Con la liberalizzazione degli appalti sottosoglia, e cioè fino a 5,3 milioni di euro, le stazioni appaltanti potranno decidere di attivare procedure negoziate o affidamenti diretti, rispettando il principio della rotazione. Per gli appalti fino a 500 mila euro, allo stesso modo, le piccole stazioni appaltanti potranno procedere direttamente, senza passare per le stazioni appaltanti qualificate. Taglio dei tempi notevole soprattutto per quei piccoli Comuni che debbano procedere a lavori di lieve entità che hanno tanta importanza per la vivibilità dei luoghi e il benessere delle proprie comunità.
Rivive l’appalto integrato: il contratto potrà quindi avere come oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato. Inoltre, per garantire la conclusione dei lavori, si potrà procedere anche al subappalto cosiddetto a cascata, senza limiti.
Nessuna paura per la “firma”: niente colpa grave per i funzionari e i dirigenti degli enti pubblici se avranno agito sulla base della giurisprudenza o dei pareri dell’autorità.
Tutele simili per la delicata questione dell’illecito professionale. Nella riformulazione del codice si è proceduto ad una razionalizzazione e semplificazione delle cause di esclusione, anche attraverso una maggiore tipizzazione delle fattispecie. In particolare, per alcuni tipi di reato, l’illecito professionale può essere fatto valere solo a seguito di condanna definitiva, condanna di primo grado o in presenza di misure cautelari.
Dissenso costruttivo e salvaguardia del made in Italy
Un'importante innovazione riguarda poi l’introduzione della figura del dissenso costruttivo per superare gli stop degli appalti quando è coinvolta una pluralità di soggetti. In sede di conferenza di servizi, l’ente che esprime il proprio no, non solo dovrà motivare, ma soprattutto fornire una soluzione alternativa. Anche la valutazione dell’interesse archeologico, il cui iter, spesso lungo e articolato, rischia di frenare gli appalti, dovrà essere svolta contestualmente alle procedure di approvazione del progetto, in modo da non incidere sul cronoprogramma dell’opera.
Infine, ma non ultima, la salvaguardia del “made in Italy”: tra i criteri di valutazione dell’offerta è previsto come premiale il valore percentuale dei prodotti originari italiani o dei paesi UE, rispetto al totale. Una tutela per le forniture italiane ed europee dalla concorrenza sleale di Paesi terzi. Le stazioni appaltanti possono indicare anche i criteri di approvvigionamento dei materiali per rispondere ai più elevati standard di qualità. Tra i criteri premiali la valorizzazione delle imprese, che abbiano sede nel territorio interessato dall’opera.