In questi giorni si è aperta una polemica sul possibile stop al Codice Appalti. Tra i pareri in merito, è interessante ascoltare quello dell’Oice, l'Associazione delle società di ingegneria e architettura.
Leggiamo il commento del presidente Gabriele Scicolone: "Siamo totalmente in dissenso con chi pensa di risolvere i problemi del settore con il cosiddetto Modello Genova che poi, a ben vedere, non è neanche un vero e proprio 'modello', ma è e rimane un unicum irripetibile in Italia, pena l'abdicazione ai principi di trasparenza e concorrenza che discendono dall'Europa. Men che meno siamo dell'idea che si possa procedere sospendendo l'applicazione del codice appalti: abbiamo discusso mesi sulle semplificazioni al codice arrivando ad un punto di equilibrio fra concorrenza e semplificazione; abbiamo commissari straordinari per 50 opere e stiamo immaginando di sospendere un codice che peraltro nasce dal recepimento delle direttive? Se non è schizofrenia questa poco ci manca. Mi chiedo come si faccia ancora a credere nel fare impresa nel nostro Paese".
Scicolone individua i veri problemi
"E' innegabile che le regole attuali non consentono di arrivare rapidamente all'apertura di cantieri, e questo è un problema in vista del PNRR, ma il nodo non sta più nella fase di scelta del contraente, oggi portata ai minimi termini con gare da fare in 15 giorni, spesso con procedure negoziate senza bando, e con progetti complessi da realizzare in 60 giorni. I problemi sono nelle fasi di approvazione dei progetti, nei ritardi delle amministrazioni, nella competenza delle stazioni appaltanti che dovrebbero essere supportare da project manager, anche esterni, al loro servizio, per controllare tempi e costi. E poi si definiscano contratti e capitolati-tipo scevri da clausole vessatorie-capestro per gli operatori economici che, una volta aggiudicatosi un contratto con fatica e lavoro preparatorio, sono alla mercè del RUP di turno che può chiedere di tutto senza risponderne di fronte a nessuno; si vedono in giro contratti fatti da amministrazioni pubbliche non più degni di un Paese civile".