Lo scorso 7 agosto, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge che detta nuove disposizioni in materia di equo compenso e clausole vessatorie nel settore delle prestazioni legali.
“Il provvedimento - si legge in una nota del Governo - mira a riequilibrare la posizione contrattuale dei professionisti avvocati nei confronti di soggetti connotati da particolare forza contrattuale ed economica, individuati in particolare nelle imprese bancarie e assicurative e nelle imprese diverse da quelle piccole e medie, nonché a tutelare l’equità del compenso degli avvocati, evitando che una concorrenza potenzialmente distorta possa tradursi nell’offerta di prestazioni professionali al ribasso, con il rischio di un peggioramento della loro qualità”.
In particolare, il ddl prevede la nullità delle clausole vessatorie inserite nelle convenzioni contrattuali stipulate tra avvocati e clienti cosiddetti “forti”. A tal proposito, vengono definite come vessatorie le clausole che, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, determinino un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato. Tale nullità garantisce il professionista perché consente l’inefficacia della sola parte del regolamento contrattuale o della singola clausola contraria alla legge, mentre la convenzione stessa rimane in vigore. Il giudice, pertanto, accertata la non equità del compenso previsto e la vessatorietà della clausola, ne dichiara la nullità e ridetermina il compenso sulla base dei parametri fissati dalla legge forense del 2012.
“L’equo compenso è un tema che andava affrontato per tutti”, sottolinea il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, secondo il quale, però, i parametri minimi possono essere utilizzati solo nei casi in cui il committente sia la pubblica amministrazione. “Con l’entrata in vigore del Ddl concorrenza - spiega infatti - è scattato l’obbligo di offrire il preventivo e quindi nei rapporti con i privati potrebbe non avere senso applicare l’equo compenso”. Invece, secondo Stella, è urgente dopo l’estate chiedere l’equo compenso nei rapporti con la Pa per evitare che quest’ultima, in una posizione dominante, ‘schiacci’ i professionisti imponendo prezzi troppo bassi.