L'industria europea delle macchine per costruzioni sta attraversando un periodo di grandi mutamenti al livello planetario che implicano nuove sfide ed una buona dose d'incertezza. Dopo il picco di vendite mondiali del 2007 (100 miliardi di dollari) e il dimezzamento di fatturato del 2009, nel 2011 si sono registrate vendite per 109 miliardi di dollari. Nel frattempo però le regioni di maggior assorbimento sono cambiate, senza contare che per il 2012 ci si attende una nuova flessione a quota 100 miliardi. Nello specifico l'Europa che nel 2007 assorbiva circa 20 miliardi di dollari di macchinari per costruzioni a fine 2012 ne dovrebbe aver acquistati per soli 12 miliardi. All'interno di questo mercato l'Italia che nel 2007 aveva una quota del 16% oggi riesce a ritagliarsi una fetta di soli 9 punti percentuali. Di contro la Cina è passata dagli 11 miliardi di dollari di cinque anni fa agli oltre 31 del 2012, anche se al momento il suo mercato è in flessione. In pieno sviluppo l'India che nell'arco di tempo analizzato è cresciuta da 1,9 a 5,4 miliardi.
I dati sono stati presentati da Off-Highway Research nel corso del congresso del Cece (Committee for European Construction Equipment) che si è appena concluso a Berlino. All'evento internazionale hanno preso parte circa 250 tra industriali e manager di aziende produttrici insieme alle rappresentanze nazionali facenti parte del Cece, tra le quali Unacea, l'associazione di categoria italiana delle aziende di macchine per costruzioni. Oltre alle molte sessioni riguardanti il tema del congresso ("Making it in Europe", ovvero come rimanere competitivi producendo in un'area fortemente regolamentata come l'Ue), si sono svolte le riunioni dei vari gruppi merceologici - tra questi la sezione dei macchinari per il calcestruzzo ha rinnovato la presidenza eleggendo l'italiano Paolo Salvadori (Le Oru-Imer Group), consigliere di Unacea.
"Dalle testimonianze emerse nel nostro congresso - dichiara Ralf Wezel, segretario generale del Cece - emerge che produrre in Europa può essere ancora possibile e competitivo per il nostro comparto, in considerazione del patrimonio scientifico e tecnologico sedimentatosi nel know how diffuso in alcune aree industriali e in alcune istituzioni produttrici di ricerca ed innovazione. Il legislatore europeo deve tuttavia capire che l’industria europea va difesa e sostenuta per salvaguardare le centinaia di migliaia di posti di lavoro che fornisce attualmente. Per fare ciò è necessaria una politica industriale europea che 1) risolva i gap ancora esistenti nel mercato interno; 2) preveda in materia di riduzione delle emissioni un approccio olistico e market driven; 3) ponga in essere una concorrenza leale, in particolare rispetto alle cosiddette importazioni grigie che stanno causando danni economici importanti alla nostra industria."
"In Italia a fine anno le vendite di macchine per costruzioni sono in flessione di un terzo rispetto all'anno precedente - aggiunge Giampiero Biglia (CNH CE - Fiat Industrial), vicepresidente di Unacea e membro dello Steering Committee del Cece -. In una situazione del genere dopo cinque anni di crisi, il buon andamento dell'export non è sufficiente. È necessario che il comparto delle macchine per costruzioni sia coinvolto in un serio piano di rilancio del settore. Le basi in termini di competitività e qualità del prodotto ci sono."