“L’accordo sugli obiettivi climatici al 2030 raggiunto a Bruxelles risulta francamente inferiore alle più pessimistiche previsioni. Tuttavia va gestito intelligentemente sul fronte interno e su quello internazionale”. Lo dichiara Gianni Silvestrini, presidente di Free, il Coordinamento che raggruppa oltre 30 associazione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica.
“La riduzione del 40% delle emissioni climalteranti rispetto ai livelli del 1990 poteva essere più ambiziosa, ma rappresenta un importante punto fermo. Va ricordato che nel trend di riduzioni ottenute finora hanno pesato i processi di deindustrializzazione dei paesi dell’Est dopo la caduta del muro e la delocalizzazione di impianti industriali verso altri paesi, in particolare il sud-est asiatico. Nei prossimi 15 anni sarà assente il primo elemento e si rallenterà il secondo. Inoltre le riduzioni dovranno essere ottenute tutte sul fronte interno, in quanto non sarà possibile utilizzare i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto che consentivano di contabilizzare interventi effettuati nei paesi in via di sviluppo.
Deludenti, ma direi soprattutto incoerenti, gli altri due obiettivi. L’obiettivo del 27% di rinnovabili sui consumi finali rappresenta sostanzialmente l’andamento tendenziale. La quota europea era del 14% nel 2012 e si può stimare tra il 15 e il 16% nel 2014. La mediazione al ribasso ha evitato inoltre la distribuzione degli obiettivi a livello nazionale, accontentando paesi, come la Gran Bretagna, che vogliono farsi del male rilanciando il nucleare con prezzi doppi rispetto a quelli del mercato.
Ancora più incomprensibile la timidezza sul fronte dell’efficienza. Quel 27% di riduzione dei consumi rispetto allo scenario tendenziale, per altro “indicativo” e non vincolante, si confronta con la proposta del 30% della Commissione e del 40% del Parlamento europeo. Una scelta al ribasso, considerato anche per l’enorme aiuto che la riduzione dei consumi potrebbe dare in termini di sicurezza energetica, tema centrale nell’attuale contesto di turbolenze.
Una riflessione finale va fatta sulle ricadute internazionali delle scelte europee. Su molti media esteri l’accento è stato posto sul 40% di riduzione delle emissioni, come scelta ambiziosa in vista della conferenza di Parigi del prossimo anno. Non dimentichiamoci che le scelte del dicembre 2015 saranno decisive per il clima e non solo. In particolare, sarà strategica la posizione della Cina, le cui emissioni equivalgono alla somma di quelle UE, USA e Giappone. In questi mesi il gigante asiatico sta valutando la possibilità di introdurre, per la prima volta, un tetto alle emissioni. E il 40% di riduzioni deciso in Europa aiuterà questo processo”.