In tempi di pandemia, chi può è passato allo smart working, modalità di lavoro in cui internet gioca un ruolo chiave. Per la condivisione e il salvataggio dei dati sono sempre più utilizzati i servizi di cloud pubblico (localizzati prevalentemente fuori Italia o fuori Europa). Ma in questo momento è sicuro affidarsi ad essi?
C’è il concreto rischio che, a causa della globalizzazione della crisi sanitaria, nei prossimi giorni la rete possa andare in sovraccarico e che questi servizi possano subire rallentamenti e interruzioni, limitando o impedendo del tutto l’accesso a portali di condivisione e a comunicazioni in videoconferenza, con grave danno alla produttività di aziende e professionisti.
Ad evidenziare questo pericolo è il Comitato Italiano Ingegneria dell’Informazione (in sigla C3I, organismo del Consiglio Nazionale Ingegneri), recependo i primi segnali di allarme lanciati da alcuni servizi giornalistici. Il rimedio? Prevedere un piano di backup locale presso la propria sede o presso un Cloud Italiano e, parallelamente, individuare sistemi alternativi di comunicazione che facciano capo direttamente all’ecosistema di rete italiano.
“L’emergenza causata dal Covid-19 - afferma Armando Zambrano, Presidente CNI - purtroppo genera una serie di implicazioni che non sono solo di tipo sanitario. Basti pensare alle conseguenze economiche che l’Italia dovrà fronteggiare. Tra queste implicazioni c’è anche il rischio di sovraccarico della rete. Come CNI, attraverso il nostro organismo C3i, ci impegneremo per individuare e promuovere soluzioni”.
“Gli Ingegneri dell’Informazione - dice Mario Ascari, Presidente del C3i - consci della responsabilità che il proprio ruolo impone, sono lieti di mettere a disposizione del Paese le proprie competenze per contribuire alla salvaguardia dei sistemi digitali, strategicamente indispensabili per la sicurezza e la competitività italiana”.
Le 4 raccomandazioni del C3I per lo smart working
1. Chi adotta lo smartworking, dovrà prevedere nei prossimi giorni o settimane di poter lavorare anche “in locale”, ossia copiando i dati sul proprio computer; inoltre dovrà individuare all’occorrenza uno o più provider Cloud italiani che offrano servizi di immagazzinamento dati, condivisione e comunicazione.
2. Nel caso in cui il sovraccarico aumenti nei giorni a venire, è auspicabile un utilizzo più responsabile della connessione Internet, privilegiando le attività legate alla produttività rispetto a quelle dell’intrattenimento, anche eventualmente disponendo il blocco forzato di applicazioni non fondamentali che utilizzano Cloud e connettività.
3. Il C3I consiglia, inoltre, di monitorare le prestazioni dei servizi in Cloud per rilevare tempestivamente eventuali utilizzi impropri o modifiche ingiustificate alla disponibilità degli stessi servizi. A tal proposito si evidenzia che la gestione delle risorse, anche se fisicamente allocate sul territorio UE, non è in molti casi sotto il controllo di organismi nazionali ed europei.
4. Nel medio termine, infine, il C3I auspica che si valuti e venga indicata la disponibilità di alternative nazionali utilizzabili per alcuni servizi Cloud, sia in ambito industriale che universitario, quali ad esempio la rete di ricerca nazionale GARR (www.garr.it), in deroga dalla rete nazionale e quella internazionale GEANT (www.geant.org).
Insomma, con la crisi sanitaria anche Internet, sostengono gli ingegneri del C3I, potrebbe rivelarsi una risorsa non illimitata e occorre agire, anche eventualmente con misure restrittive, per garantirne l’uso per finalità produttive e di pubblica utilità. Sono in gioco la sicurezza e la tenuta del sistema, quindi di tutti noi.