Correttivo al Codice Appalti: cosa non piace all’Anac?

di Marco Zibetti
“Sul correttivo al Codice Appalti, approvato dal governo, permangono punti critici”. Il presidente dell’Anac, Giuseppe Busìa, esordisce così in audizione

Il Correttivo al Codice Appalti, recentemente varato, fa ancora discutere. L’Autorità Nazionale Anticorruzione, Anac, ha individuato una serie di criticità e le ha esposte davanti all’8a Commissione di Camera e Senato, nel corso di un’audizione. Leggiamo i punti salienti dell’intervento del presidente, Giuseppe Busìa.
“Sul correttivo al Codice dei contratti pubblici, approvato dal governo, permangono punti critici - ha dichiarato Busìa -. Innanzitutto, persiste l’assenza di obbligo di indicare il titolare effettivo, la cui utilità è evidente, come si è visto dalla recente inchiesta della magistratura capitolina. Vi è tutto un vortice di imprese che aprono e chiudono e di cui non si conosce il vero titolare, con svantaggio per le imprese sane e rischi di malaffare. Sarebbe utile, invece, inserirlo nel correttivo, insieme a una più robusta normativa sui conflitti di interesse.
Vi è poi la questione dell’equo compenso: è stato trovato un compromesso ragionevole, tuttavia, la formula utilizzata nel correttivo comporta un appiattimento verso il basso e, soprattutto, si applica a servizi di ingegneria e architettura, ma non risolve i problemi per le altre prestazioni intellettuali, dai servizi legali alle consulenze.
Riteniamo, poi, sia da mantenere il tavolo dei soggetti aggregatori e delle centrali di committenza presso Anac, volto a favorire la loro qualificazione e specializzazione, per garantire una più efficiente attività di acquisto delle amministrazioni. Il correttivo sembra invece confondere tale funzione, richiesta dalle istituzioni europee, con quella che invece deve rimanere in capo al Mef, di confronto con i soggetti aggregatori per fini di coordinamento della finanza pubblica”.

Correttivo al Codice Appalti: l’errore più evidente secondo l’Anac

“L’aspetto più macroscopico del correttivo approvato è che non vi siano interventi a favore di una maggiore concorrenza, che il Codice ha complessivamente ridotto. Sono rimaste le soglie molto alte per gli affidamenti diretti di servizi e forniture, come pure per l’affidamento di lavori fino ad oltre cinque milioni senza avvisi pubblici: il correttivo avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per introdurre elementi per accrescere la trasparenza, prevedendo forme di pubblicità facilmente realizzabili grazie al digitale. Tale criticità non è ancora emersa in tutta la sua portata solo perché negli ultimi mesi le grandi disponibilità legate anche al Pnrr hanno comunque soddisfatto l’offerta privata. Via via che questo elemento verrà meno, anche in ragione dei nuovi vincoli di finanza pubblica, il problema si presenterà in modo decisivo”.
“Infine, è grave che sia venuto meno il rating reputazionale. Se ritenuto di difficile applicazione, lo si può semplificare, però l’istituto va preservato non soppresso. Costituisce un presupposto indispensabile per premiare le imprese migliori ed il loro investimento nella qualificazione: dobbiamo incoraggiare la qualità, sia sul lato pubblico che privato. Come chiediamo giustamente qualificazione e competenza alle stazioni appaltanti, così dobbiamo premiare gli operatori economici che si comportano al meglio. Si può introdurre una semplificazione, ma l’istituto va sicuramente recuperato”.


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