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Decreto Fer: cosa ne pensano le imprese di CNA?

Energie rinnovabili di
Si tratta di un provvedimento che dà respiro al mercato delle rinnovabili dopo il lungo stop che ha caratterizzato in particolare il sostegno al fotovoltaico, ma non basta

La firma del Decreto Fer, che destina annualmente 5,8 miliardi di euro all’incentivazione della produzione di energia rinnovabile, è stato accolto con favore dagli operatori del settore. Ma non basta. Ecco cosa ne pensa CNA, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa

Si tratta di un provvedimento che dà respiro al mercato delle rinnovabili - si legge in una nota -, dopo il lungo stop che ha caratterizzato in particolare il sostegno al fotovoltaico e ha contribuito negli ultimi anni al rallentamento della crescita del settore che aveva raggiunto importanti risultati anticipando l’obiettivo fissato al 2020.

In vista degli obiettivi sfidanti al 2030 invece (le rinnovabili dovranno coprire il 30% del fabbisogno energetico nazionale) il Decreto Fer rappresenta un’opportunità per gli operatori, che non solo possono riprendere a investire, ma potrebbero strutturare una filiera tutta italiana delle rinnovabili.

Il Decreto presenta diversi spunti positivi, ma anche qualche criticità per le Pmi. Sono individuati, infatti, regimi differenziati di sostegno sulla base della maturità di ciascuna tecnologia ammessa e dei costi fissi a essa connessi, cui sarà possibile accedere tramite procedure di iscrizione a registro (tutti i tipi di impianti di potenza inferiore o uguale a 1MW) o di partecipazione ad asta (tutti i tipi di impianto di potenza superiore a 1MW).

Il Decreto, inoltre, intende valorizzare gli interventi per la ricostruzione degli impianti esistenti, in una condivisibile ottica di limitazione del consumo del suolo e, in generale, degli impatti sulla collettività. Novità di rilievo rappresenta l’impegno preliminare delle diverse amministrazioni coinvolte per l’individuazione delle aree sulle quali realizzare gli impianti (individuazione propedeutica anche alla determinazione dei contingenti di potenza) al fine di ridurre i possibili impatti negativi per la collettività e, potenzialmente, facilitare i procedimenti autorizzativi.

L’esclusione dei piccoli impianti fotovoltaici

Nonostante si valuti positivamente il re-inserimento nel Decreto del fotovoltaico, inizialmente escluso, permane una forte criticità per le Pmi, poiché rimangono esclusi dagli incentivi per questa tecnologia gli impianti di potenza inferiore ai 20KW, che rappresentano la tipologia più diffusa, realizzata dalle piccole imprese e dalle famiglie.

Tale disposizione è in forte contraddizione con l’obiettivo di incrementare l’autoproduzione (anche sfruttando i sistemi di accumulo) dichiarato dal Governo all’interno del Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima 2030, per il quale l’intenzione è quella di sfruttare l’installazione di moduli fotovoltaici sui tetti, superando in parte la logica dei grandi parchi a terra.

I piccoli impianti fotovoltaici, infatti, rispondono in maniera più efficace agli obiettivi di sostenibilità economica: proprio questi impianti hanno consentito negli anni lo sviluppo di un mercato per le numerose piccole imprese specializzate nel settore. Per questi impianti, che più di tutti hanno subito il drastico stop agli incentivi degli ultimi anni, occorrerebbe invece prevedere misure adeguate a rendere economicamente sostenibile l’intervento, ottimizzando il rapporto costi/benefici.

Proprio tali impianti in passato hanno consentito il maggior numero di interventi di rimozione dell’amianto, che viene positivamente riproposto nel Decreto Fer, innescando un circolo virtuoso di sostenibilità, non solo ambientale, ma anche della salute e della sicurezza dei cittadini.

Tale esclusione, quindi, non valorizza appieno l’apporto che le piccole imprese possono fornire al sistema per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e rischia, semmai, di rallentare le tendenze già in corso circa la diffusione dell’autoproduzione di energia, allontanando tra l’altro dalla loro possibilità uno strumento che consente di abbattere il costo della bolletta.

Se è vero che per tali impianti rimane valida, al momento, la possibilità di ricorrere alle detrazioni fiscali del 50%, come ricorda lo stesso Decreto, è anche vero che tali misure possono essere utilizzate solo da privati e non dalle imprese che vogliono investire in autoproduzione. Sarebbe più coerente, quindi, ipotizzare una revisionecomplessiva e omogenea del sistema incentivante destinato alle Fer in grado di dare stabilità e organicità alla programmazione degli investimenti nelle varie tecnologie, valorizzando il possibile apporto delle Pmi.

In sintesi, va bene l’approvazione tanto attesa di questo Decreto, ma il provvedimento va considerato come una “misura ponte”, in attesa di una programmazione organica e strutturata funzionale all’attuazione del Piano nazionale energia e clima.