La digitalizzazione del nostro Sistema Paese è un processo necessario e inevitabile. In quest’ambito, qual è il ruolo dei liberi professionisti? L’ha indagato Confprofessioni nell’ambito dello studio “I nuovi paradigmi del mondo delle professioni nella transizione digitale”. L’analisi, realizzata per la Confederazione da The European House - Ambrosetti, è stata presentata a Roma.
Emerge come la digitalizzazione dell’Italia non possa prescindere dal pieno coinvolgimento del suo tessuto professionale, che quotidianamente abilita e garantisce il funzionamento e lo sviluppo del sistema Paese.
Malgrado gli sforzi prodotti da numerosi attori del rinnovamento, l’Italia è ancora in ritardo sulla corsa alla digitalizzazione. Per le libere professioni, tale necessità di adeguamento si contestualizza all’interno del più ampio panorama evolutivo in atto sul mondo professionale.
Alla luce dei principali trend evolutivi del sistema economico, abilitati, accelerati e potenziati dalla digitalizzazione, anche le professioni sono chiamate a gestire in modo sempre più proattivo il cambiamento in atto relativamente sia all’organizzazione professionale sia alla relazione con il cliente. In sintesi, cambia il ruolo stesso del professionista nel mutato scenario socioeconomico.
In particolare, le professioni sono chiamate a dare risposte efficaci ai principali problemi attuali e prospettici del mondo professionale: la sostenibilità economica, l’attrattività e la capacità di ritenzione dei talenti per il ricambio generazionale, la competitività nel nuovo e più ampio panorama digitale, la capacità di fare sistema, l’adeguamento delle competenze e dei modelli organizzativi a nuove esigenze di mercato e a crescenti livelli di servizio richiesti dai clienti.
Le due direzioni in cui bisogna muoversi
Su questi temi le Associazioni giocano un ruolo primario, dovendo operare, in parallelo, in due diverse direzioni:
- verso l’esterno del mondo professionale, le Associazioni sono chiamate a riaprire il dialogo istituzionale sulle professioni, facendo da guida nel percorso di definizione della nuova identità del professionista, a fini regolamentari. In particolare:
1. ripristinando una narrazione pubblica delle professioni esente da visioni preconcette o di parte, abbandonando atteggiamenti difensivi e generando consapevolezza di sistema rispetto agli effettivi bisogni del mercato, promuovendone l’attrattività nei confronti delle nuove generazioni;
2. abilitando la collaborazione istituzionale per il rinnovamento della Pubblica Amministrazione, spesso inadeguata alle esigenze quotidiane dei professionisti, con moltiplicazione degli sforzi e dei costi in capo al professionista, inibendo così gli investimenti virtuosi del settore privato;
3. contribuendo a sbloccare gli adeguamenti normativi utili o necessari alle professioni nel loro servizio al Sistema Paese, anche e soprattutto in ottica di: i) un ripensamento della normativa sulle aggregazioni tra professionisti (esente da distorsioni penalizzanti), fondamentale per generare la dimensione minima abilitante per consentire investimenti digitali di maggiori dimensioni; ii) una normativa fiscale più equa nei confronti del lavoro autonomo; iii) un’efficace regolamentazione delle attività digitali ad alto potenziale (es. telemedicina), che garantisca adeguate tutele al professionista; iv) una corretta ridefinizione del perimetro regolamentare di erogazione delle prestazioni digitali, che assicuri lo sfruttamento economico del dato in capo al professionista.
- verso l’interno del settore, agendo sull’operatività del mondo professionale. Si tratta di:
1. sensibilizzare il vasto mondo delle professioni perché si diffonda una chiara lettura dei rischi e delle opportunità della trasformazione digitale, declinata puntualmente sugli specifici ambiti professionali;
2. creare opportuni spazi, anche digitali, per la messa a sistema organizzata di professionalità specifiche, per rispondere meglio alle esigenze del cliente e innescare processi diffusi di knowledge sharing, necessari in un mercato sempre più internazionale e privo di confini;
3. divenire esse stesse soggetti fruitori diformazione digitale e sperimentatori, accumulando l’expertise necessaria a trasformarsi in veri e propri collaboratori digitali in grado di scalare sul territorio tali competenze e veicolarne le reali opportunità ai professionisti;
4. garantire una formazione digitale indipendente, anche per mettere a disposizione dei professionisti chiari criteri di comprensione e valutazione delle soluzioni tecnologiche.
“Lo studio ‘I nuovi paradigmi del mondo delle professioni nella transizione digitale’ apre un nuovo ciclo, che è destinato a modificare profondamente il Dna della realtà professionale. L’indagine ci mette di fronte ai nostri limiti e, al tempo stesso, alle nostre ambizioni - ha affermato Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni -. Non arriviamo impreparati a questo appuntamento con il futuro. La pervasività della rete e delle nuove tecnologie già da qualche anno è entrata prepotentemente nelle attività quotidiane dei professionisti. Già oggi viviamo nella dimensione digitale della professione, ma occorre un cambio di paradigma da parte di professionisti, ma anche della politica, che deve assecondare il processo di transizione digitale delle professioni”.
Allerta Covid-19
Inutile nasconderlo. Il Covid-19 continua a far paura. La campagna vaccinale procede, ma nel frattempo la diffusione di nuove varianti del virus aumenta l’incertezza su ciò che succederà nei prossimi mesi.
Non possiamo escludere nuove misure restrittive. Come comportarsi in un contesto del genere? La scelta migliore è quella di farsi trovare pronti ad ogni evenienza.
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