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DL Lavoro: via libera in CdM. Cosa ne pensano le imprese?

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DL Lavoro: via libera in CdM. Cosa ne pensano le imprese?
Il DL Lavoro prevede il superamento del reddito di cittadinanza, ma non solo. Il discusso provvedimento piace alle imprese italiane? Andiamo a scoprirlo

Il DL Lavoro è stato recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri. Nel dibattito sul provvedimento interviene Confartigianato, la Confederazione che rappresenta le imprese artigiane. Ecco la sua posizione.

“Il Dl lavoro coglie la necessità di correggere aspetti critici della gestione del mercato del lavoro”. Questo il commento del Presidente, Marco Granelli, che sottolinea in particolare che, dalle informazioni ricevute e dalle anticipazioni sul testo, va nella direzione giusta il superamento del reddito di cittadinanza per sostituirlo con interventi assistenziali dedicati ai soggetti non occupabili e percorsi di inserimento lavorativo e incentivi per chi assume personale occupabile.

Il Presidente Granelli indica, inoltre, l’importanza della ulteriore riduzione del costo del lavoro con un aumento del taglio contributivo a favore dei lavoratori. “L’auspicio - aggiunge - è che si trovino risorse per rendere strutturale questa misura e, quanto prima, per avviare la riduzione del costo del lavoro anche per la quota a carico dei datori di lavoro”.

Positivo il giudizio sulle misure finalizzate a semplificare la gestione dei rapporti di lavoro, riconducendo alla contrattazione collettiva la definizione delle causali che giustificano i contratti a termine, sulla norma che elimina gli inutili appesantimenti burocratici al momento delle assunzioni previsti dal Decreto trasparenza e sul rifinanziamento del Fondo nuove competenze.

Le perplessità di Confartigianato sul DL Lavoro

Il Presidente di Confartigianato esprime, invece, forte perplessità sulle disposizioni che ampliano oltre i 29 anni, e per i soli settori del turismo e termale, la possibilità di assumere con contratto di apprendistato professionalizzante. “L’apprendistato professionalizzante - sottolinea Granelli - deve mantenere la sua secolare e collaudata vocazione, vale a dire quella di un contratto a contenuto formativo per consentire ai giovani di acquisire una qualificazione professionale, ‘premiando’ le aziende che realmente li formano all’interno di percorsi lavorativi. Non può diventare un mero strumento di incentivo all’assunzione, per di più limitato ad alcuni settori”.