La struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici introdotta al comma 162 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2019 fa discutere da settimane. Secondo molti, si tratta di un errore madornale. Perché? Ce lo spiegano i liberi professionisti che si sono uniti per lanciare un appello ai vertici del nostro Governo.
“Signor Presidente del Consiglio e Signori Vicepresidenti, è inaccettabile che un unico soggetto possa assumere la veste di progettista di opere pubbliche, stazione appaltante e soggetto di committenza delegata da parte di altre Amministrazioni”, dichiarano congiuntamente Inarcassa, insieme alla sua Fondazione, l’AIDIA (Associazione Italiana Donne Ingegneri e Architetti) le associazioni di categoria ALA Assoarchitetti (Associazione degli architetti e degli ingegneri liberi professionisti italiani), Federarchitetti, (Associazione nazionale degli architetti e ingegneri liberi professionisti) e INARSIND (Associazione nazionale d’intesa sindacale ingegneri ed architetti liberi professionisti italiani).
Le motivazioni della bocciatura
“Questo gravissimo conflitto di interessi collide frontalmente con i principi stessi del Codice degli Appalti e con la nostra deontologia. Per garantire la qualità delle prestazioni professionali e la trasparenza nel processo di esecuzione delle opere pubbliche - si legge nella nota - è indispensabile puntare ad una chiara ed evidente distinzione tra controllori e controllati, riservando ai liberi professionisti e alle società la progettazione, ed ai pubblici dipendenti il controllo del processo di esecuzione delle opere, dalla programmazione al collaudo”.
Una vibrata sollecitazione al Governo per avviare l’immediata revisione della normativa. A tal fine, i liberi professionisti, si dichiarano “pronti alla massima collaborazione” per dar corso al più presto ad un “tavolo di lavoro” condiviso, che possa trovare la soluzione migliore nell’interesse della collettività, senza escludere i liberi professionisti dal circuito delle opere pubbliche.
La Struttura per la Progettazione, infatti, oltre ad essere di dubbia efficienza ed antieconomica, determinerà una perdita di decine di migliaia di posti di lavoro nelle professioni tecniche. Internalizzare la produzione di progetti, e magari anche la direzione dei lavori delle opere pubbliche, produrrebbe certamente un 'collo di bottiglia', con l’effetto di allungare i tempi di messa in campo delle opere anziché di migliorare l’efficienza e semplificare i processi. In tale situazione diventa impossibile dare risposte tempestive e di qualità alle numerose richieste da parte delle pubbliche amministrazioni.
L’interesse di uno Stato moderno è quello di avere le migliori progettazioni possibili e quindi professionisti dotati di specifici requisiti da acquisire attraverso il confronto previsto dalla normativa vigente con i vari meccanismi di gara, e non certo acquisendo le professionalità all’interno di una Struttura pubblica che esclude, per sua natura, la possibilità di ottenere l’offerta migliore.
“Come liberi professionisti, vogliamo stare al passo coi tempi - conclude il comunicato - perché in questi decenni, abbiamo sviluppato professionalità, competenze tecnologiche e know how che non dobbiamo disperdere. Se la Struttura provvedesse alla 'programmazione delle opere' e non alla loro progettazione, sarebbe cosa ben diversa. Ma, senza un emendamento che riscriva la norma, gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti, che possono portare la loro conoscenza del territorio in cui operano, saranno esclusi. Un colpo basso per le nostre categorie professionali e uno spreco di qualità per il Paese".