Nel corso degli ultimi anni l’economia italiana ha registrato una caduta degli investimenti pubblici che la rende più vulnerabile alle conseguenze dei cambiamenti climatici, come evidenziato in questi giorni dagli effetti disastrosi dell’ondata di maltempo in numerose regioni italiane.
La spesa per investimenti è caduta da 49,9 miliardi di euro del 2010 (valutata in media triennale) a 35,4 miliardi di euro del 2017, con una riduzione del 14,5 miliardi, pari al -29,1%. Nel confronto internazionale, come evidenziato in una nostra analisi, l’Italia è ultima in UE per peso degli investimenti pubblici sul PIL.
Servono investimenti per salvaguardare il territorio esposto a rischio idrogeologico. Le unità locali di imprese (un’unità locale corrisponde a un’impresa o a una parte di un’impresa situata in una località topograficamente identificata) esposte a rischio alluvioni in Italia sono 596.254 (12,4%) nello scenario a pericolosità idraulica media, con 2.306.229 addetti esposti (14%). Le unità locali di imprese a rischio in aree a pericolosità da frana, elevata e molto elevata, sono 82.948, pari all’1,7% del totale, con 217.608 addetti a rischio.
L’analisi dei dati Eurostat evidenzia che le perdite economiche per disastri naturali sono ingenti e tra il 1980 e il 2016 in Italia valgono 1.072 euro pro capite, il 25,8% in più della media UE di 852 euro.
Sulla base dell’aumentato profilo di rischio appare opportuno realizzare e gestire la manutenzione delle opere pubbliche necessaria per difendere famiglie, imprese e patrimonio culturale da frane e alluvioni. In questa prospettiva è auspicabile, come ha messo in evidenza Confartigianato, un rafforzamento dei maggiori investimenti pubblici, pari allo 0,2% del PIL nel 2019 e allo 0,3% nel 2020 e 2021, previsti dal disegno di legge di bilancio 2019, correggendo lo sbilanciamento sulla maggiore spesa corrente.