Energia: come viene prodotta nel nostro Paese?

di Marco Zibetti
L’aumento record delle fonti rinnovabili e la diminuzione delle emissioni nascondono in realtà forti problematiche. Ecco l’analisi del settore energia italiano

Come procede la transizione ecologica in Italia? Come viene prodotta l’energia di cui necessitiamo? Ce lo dice l’Analisi ENEA del sistema energetico nazionale per il primo semestre 2024.
Elenchiamo subito i dati più rilevanti: aumento record delle fonti rinnovabili (+25%), forte diminuzione delle emissioni di CO2 (-6% contro -4% dell’Eurozona), minimo storico per il contributo delle fonti fossili (38%, 10 punti in meno rispetto al dato precedente), nuovo calo dei consumi (-2%, rispetto al -1% dell’area euro), in misura maggiore rispetto all’andamento dei principali driver (PIL e mobilità in lieve aumento, produzione industriale ancora negativa e clima mite).
“Il forte calo delle emissioni si concentra quasi esclusivamente nel settore elettrico (-32%), per effetto del notevole incremento della quota di rinnovabili, salita al 44% nel semestre, con punte mensili superiori al 52%, grazie al significativo aumento della produzione idroelettrica (+65%)”, spiega Francesco Gracceva, il ricercatore ENEA che coordina l’Analisi.
Per quanto riguarda il consumo di fonti fossili, si registrano contrazioni sia per il carbone (-60% contro -24% dell’Eurozona) che per il gas naturale (-5% contro -4%).
Dall’analisi emerge un insieme di difficoltà per la transizione energetica italiana, tra decarbonizzazione ancora insufficiente e problemi di competitività dell’industria nazionale. In questo contesto, l’indice ENEA ISPRED registra un leggero miglioramento, ma rimane sempre vicino ai minimi storici: in particolare, si collocano su livelli molto bassi i valori relativi a due componenti dell’indice, decarbonizzazione e prezzi e competitività. In miglioramento, invece, la terza componente, sicurezza energetica, grazie alla riduzione della domanda di energia che ha coinvolto soprattutto i settori elettricità e gas.
“L’indice relativo alla decarbonizzazione beneficia del calo delle emissioni nel settore elettrico, che ha reso la traiettoria delle emissioni dei settori ETS (generazione elettrica ed energivori) ampiamente in linea con il target 2030”, aggiunge Gracceva. Tuttavia, l’indice è stato penalizzato dall’andamento delle emissioni non-ETS (terziario, residenziale, trasporti e industria non energivora) allontanandosi ulteriormente dagli obiettivi europei, con emissioni di CO2 in lieve aumento (+1%) per questi settori, a causa, in particolare, dei consumi per la mobilità stradale e il trasporto aereo, tornati al di sopra dei livelli pre-Covid. “Per essere in linea con i target europei, le emissioni dovrebbero ridursi del 5% medio annuo; inoltre, in questi settori, la crescita delle fonti rinnovabili resta decisamente inferiore a quella delineata nel recente PNIEC”, evidenzia Gracceva.
Quanto ai prezzi di elettricità e gas per famiglie e imprese, pur continuando a scendere sono rimasti ancora al di sopra delle medie di lungo periodo, con una forbice ancora ampia tra i prezzi della Borsa elettrica italiana e quelli dei principali mercati europei (nel II trimestre il prezzo medio italiano è salito a oltre il doppio della media di Germania, Francia e Spagna).

Focus sulla competitività delle tecnologie per la decarbonizzazione

Inoltre, uno specifico focus dell’Analisi evidenza un nuovo peggioramento della competitività italiana nelle tecnologie energetiche per la decarbonizzazione. La dipendenza dalle importazioni di tecnologie low carbon, infatti, risulta in costante aumento dal 2017, con un valore pari allo 0,34% del PIL nel 2023 e sbilanciamenti particolarmente significativi per fotovoltaico (deficit pari a -2 miliardi di euro), accumulatori (-3 miliardi, il triplo di due anni fa) e veicoli a basse emissioni (-2 miliardi). Segno positivo solo per solare termico ed elettrolizzatori, che hanno però un peso marginale nel saldo complessivo.


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