C’è parità di genere nel settore energetico? Risponde il secondo rapporto sul tema, coordinato dall’ENEA nell’ambito del Technology Collaboration Programme dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). Emerge una situazione in chiaroscuro.
I dati evidenziano come il nostro Paese raggiunga una buona posizione nella formazione scientifica, con il 37% di donne sul totale dei laureati, contro un massimo del 40% raggiunto dalla Svezia, che ha partecipato all’indagine insieme ad altri cinque Stati (Australia, Austria, Canada, Cile e Finlandia). Nell’alta formazione le italiane si piazzano in testa con una percentuale del 52% a livello di dottorato di ricerca.
Le donne e i ruoli di vertice
Prendendo però in esame le posizioni di potere nel settore pubblico, l’Italia si posiziona a livelli inferiori come percentuale di ministri donne competenti in materia di Energia (una media del 13% nel periodo 1980-2017, contro il 31% della Svezia al primo posto). La situazione non migliora se si considerano le attuali commissioni parlamentari, dove l’Italia è ultima per la posizione apicale e si colloca poco meglio per quelle di vice (25%) o in generale nella composizione dei membri (25%).
Nelle società private più rilevanti del settore, l’Italia non ha amministratori delegati donne, ma ha il maggiore numero al femminile di presidenti (al primo posto con il 40%) e di membri di CdA (anche qui prima, con il 35%, percentuale incrementata anche dall’applicazione della legge 120 del 2011 sulle pari opportunità nelle società quotate). Per le associazioni di industriali è al livello più basso in tutte le posizioni rilevate. Infine, nel settore della ricerca, le italiane sono ai vertici per le figure di direttore generale o equivalente (22%, al secondo posto dopo il Canada), ma nessuna ricopre la carica di presidente e siamo all’ultimo posto nel management (23% di posizioni di incarichi di struttura).
I commenti delle ricercatrici che hanno lavorato al Rapporto
“Le barriere che le donne affrontano nel settore energetico sono simili a quelle che affrontano nei Paesi industrializzati in altri campi. Tuttavia, molti studi hanno dimostrato che una maggiore presenza delle donne nei diversi settori dell'economia porterebbe benefici economici e sociali a tutti. Pertanto, è necessario coinvolgere i decisori, sia nel settore pubblico che in quello privato, affinché si impegnino a rimuovere gli ostacoli per favorire la parità di accesso ai diversi percorsi professionali”, spiega la ricercatrice ENEA Elena De Luca.
“La nostra indagine, realizzata anche grazie alla collaborazione di ISPRA e RSE per il settore ricerca in Italia, mostra come il numero medio di donne nel management e nei board sia più elevato in tutte quelle imprese italiane e internazionali che hanno aderito a ‘Equal by 30’, la campagna rivolta al mondo imprenditoriale e istituzionale per l’adozione, entro il 2030, di misure paritarie in termini di opportunità, livello salariale e leadership”, conclude Tania Giuffrida, l’altra ricercatrice ENEA che ha lavorato al rapporto.