Nel nostro Paese la diffusione su larga scala delle energie rinnovabili stenta ancora a decollare. Quali sono i motivi? Li ha indagati Legambiente nell’edizione 2023 del suo apposito report. Diamo un’occhiata.
A pesare in prima battuta norme obsolete e frammentate, la lentezza degli iter autorizzativi, gli ostacoli e le lungaggini burocratiche di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali, i due principali colli di bottiglia dei processi autorizzativi. Il risultato finale è che nella nostra Penisola l’effettiva realizzazione di nuovi impianti da fonti pulite resta timida e insoddisfacente, quasi un miraggio nel 2022.
Il report di Legambiente, intitolato “Scacco matto alle rinnovabili 2023” è stato presentato alla Fiera K.EY di Rimini, insieme ad un pacchetto di proposte e ad un’analisi su 4 leggi nazionali e 13 leggi regionali che frenano la corsa delle fonti pulite.
Ad oggi nella Penisola sono 1364 gli impianti in lista d’attesa, ossia in fase di VIA, di verifica di Assoggettabilità a VIA, di valutazione preliminare e di Provvedimento Unico in Materia Ambientale a livello statale. Il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. A fronte di questo elevato numero di progetti in valutazione e nonostante le semplificazioni avviate dall’ex Governo Draghi e l’istituzione e il potenziamento appena stabilito delle due Commissioni VIA-VAS che hanno il compito di rilasciare un parere sui grandi impianti strategici per il futuro energetico del Paese, sono pochissime le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi 4 anni. Infatti, grazie all’Osservatorio R.E. gions2030 di Elemens, si scopre che nel 2022 solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ricevuto l’autorizzazione. Si tratta del dato più basso degli ultimi 4 anni se si pensa che nel 2019 a ricevere l’autorizzazione sono state il 41% delle istanze, per poi scendere progressivamente al 19% nel 2020 e al 9% nel 2021. Ancor peggio i dati dell’eolico on-shore con una percentuale di autorizzazioni rilasciate nel 2019 del 6%, del 4% nel 2020, del 1% nel 2021, per arrivare allo 0% nel 2022. Dati nel complesso preoccupanti se si pensa che negli ultimi anni sono aumentati sia i progetti presentati sia le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia a fonti rinnovabili, quest’ultime sono passate da 168 GW al 31 dicembre 2021 ad oltre 303 GW al 31 gennaio 2023. Altro campanello d’allarme è rappresentato anche dalla lentezza delle installazioni, come emerge dagli ultimi dati Terna, appena 3.035 MW nel 2022, e l’incapacità produttiva del parco complessivo di sopperire alla riduzione di produzione. Le fonti rinnovabili, fotovoltaico a parte, nel 2022 hanno fatto registrare, tutte, segno negativo. L’idroelettrico, complice l’emergenza siccità, registra un -37,7%, a cui si aggiunge il calo del 13,1% in tema di produzione da pompaggi, che portano il contributo delle rinnovabili, rispetto ai consumi complessivi, al 32%. Ovvero ai livelli del 2012.
In questa corsa ad ostacoli, oltre alla lentezza degli iter autorizzativi e all’eccessiva burocrazia di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali, a pesare sono anche i no delle amministrazioni comunali e le opposizioni locali NIMBY (Not In My Backyard) e NIMTO (Not In My Terms of Office). Ostacoli che Legambiente racconta anche nella mappa aggiornata dei luoghi simbolo, con storie, che arrivano dal Nord al Sud della Penisola, di progetti bloccati e norme regionali e locali che ostacolano le rinnovabili. Ventiquattro le nuove storie sintetizzate nella mappa, che si aggiungono alle 20 dello scorso anno. Tra i casi più emblematici quelli di Puglia, Toscana e Sardegna.
Le proposte di Legambiente
Di fronte a questo quadro, Legambiente rilancia le sue proposte per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e l’effettiva realizzazione degli impianti, a partire dall’aggiornamento delle Linee Guida per l’autorizzazione dei nuovi impianti ferme al 2010 e un riordino delle normative per arrivare, attraverso un lavoro congiunto, tra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e il Ministero della Cultura, ad un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. In questa partita rimane centrale il dibattito pubblico, uno strumento strategico sia per migliorare l’accettabilità sociale dei progetti, sia per accelerare i processi autorizzativi ed evitare contenziosi inutili.