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Equo compenso: come sta andando l’iter del ddl?

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Equo compenso: come sta andando l’iter del ddl?
Il disegno di legge sull’equo compenso contiene diversi passi in avanti rispetto alla legislazione vigente. Ma cosa manca secondo i professionisti?

La Camera dei Deputati ha licenziato la proposta di legge relativa all’equo compenso. Procede, dunque, il suo iter parlamentare. Ma il provvedimento soddisfa i professionisti? Troviamo la risposta nell’intervento di Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, in audizione in Senato.

“Il disegno di legge sull’equo compenso contiene diversi passi in avanti rispetto al quadro, del tutto inefficace, della legislazione vigente. Al tempo stesso, però, permangono dubbi e perplessità nella prospettiva della piena tutela dei diritti dei professionisti: si introducono strumenti operativi che rischiano di essere controproducenti rispetto agli obiettivi che si intende perseguire, con esiti paradossali e punitivi per gli stessi professionisti che si vorrebbe, in principio, tutelare”. Lo ha affermato Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, in audizione alla Commissione Giustizia del Senato in occasione dell’esame della proposta di legge sull’equo compenso delle prestazioni professionali, auspicando interventi correttivi nel rispetto “del principio costituzionale di eguaglianza”.

Equo compenso: ecco le modifiche necessarie

Numerose le modifiche migliorative del testo che il Senato potrà recepire con interventi emendativi ad hoc. Secondo la Confederazione, il primo punto da correggere riguarda il campo di applicazione della disciplina, che dev’essere esteso anche ai rapporti di natura non convenzionale, che rappresentano la maggior parte degli incarichi attribuiti ai professionisti. “Per come è formulato, il campo di applicazione dell’equo compenso è estremamente circoscritto - ha sottolineato Stella - e non garantisce efficacemente i diritti dei professionisti”.

Incomprensibili poi le sanzioni che incombono sui professionisti: “Si tratta di un approccio punitivo inaccettabile: la previsione di una responsabilità deontologica sanzionabile in via disciplinare dagli ordini non solo condanna chi ha subito un compenso iniquo, ma paradossalmente impedirà ai professionisti di intentare un’azione civile”. Senza contare che si creerebbe anche un'assurda discriminazione tra gli iscritti agli ordini e professionisti privi di ordine, sui quali non grava alcuna responsabilità deontologica.

Da rivedere la facoltà concessa agli ordini di stipulare i modelli di convenzione. “Si attribuiscono agli ordini compiti di tutela degli interessi economici della categoria che sono estranei alle loro funzioni - ha ribadito Stella -, il loro ruolo non può sfociare in alcuna forma di regolamentazione economica dell’attività professionale”. Dubbi anche sulla composizione dell’Osservatorio sull’equo compenso, che nell’attuale formulazione non include la rappresentanza del mondo associativo delle professioni ordinistiche. Secondo la Confederazione, invece, l’Osservatorio dovrebbe rispecchiare l’universo della rappresentanza del mondo professionale, seguendo un criterio di pieno equilibrio tra la componente ordinistica e quella associativa.