In materia di equo compenso, “chi stabilisce il limite della decenza?”. È la provocatoria domanda posta dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, alla luce di ciò che sta succedendo nell’ambito della consultazione pubblica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in tema di Codice dei Contratti. Scopriamo di più.
Al pari di altri enti istituzionali, alla consultazione partecipa anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, in qualità di ente pubblico che rappresenta 250 mila ingegneri tra liberi professionisti, dipendenti pubblici e di società private. Il CNI è un interlocutore autorevole, dal momento che i propri iscritti applicano quotidianamente la norma in oggetto.
A questo proposito, il CNI, purtroppo, deve constatare come in questi ultimi giorni si registrino prese di posizione da parte di stakeholder privati che si esprimono su temi di interesse delle professioni, spesso anteponendo interessi di parte alla lineare interpretazioni delle norme. Come di consueto, uno dei temi più dibattuto è quello dell'Equo compenso. Taluni, ad esempio, asseriscono che negli appalti pubblici non si dovrebbe applicare la norma sull'Equo compenso, non si capisce in ragione di quale articolo di legge, al solo evidente fine di garantire risparmi ai propri associati a spese dei professionisti tecnici. Altri ritengono che l'Equo compenso vada applicato non direttamente ma per il tramite di clausole secondarie, che limitano i ribassi. Anche qui in dispregio della chiarezza normativa, confermata dalla recente giurisprudenza (TAR del Veneto e del Lazio).
Il limite al ribasso può essere una soluzione?
Non è chiaro come si possa garantire l'Equo compenso introducendo elementi che limitino il ribasso, peraltro utilizzando criteri che già ANAC aveva introdotto nelle linee guida sui SIA (servizi di ingegneria e architettura) e che di fatto non hanno impedito ribassi anche sopra il 70%. Le due sentenze del TAR del Veneto e del Lazio impongono di fatto un limite al ribasso tendente al 20%, ovvero la componente delle spese. Ci si domanda, a questo punto, qual sia per questi stakeholder un ribasso accettabile. Si ritiene congruo un ribasso del 30 o del 40 o del 50%? A chi spetta fissare il limite della decenza?
Senza contare che un ribasso elevato applicato sulle prestazioni professionali, ad esempio del 50%, comporta un modestissimo risparmio globale nella realizzazione dell’opera, calcolabile nell’ordine di qualche punto percentuale. Al contrario, una tale riduzione ha un impatto enorme sul lavoro del professionista, il tutto a scapito della qualità della prestazione.
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