Continua il dibattito sull’interpretazione dell’equo compenso. A tenere banco ora è l’impatto dell’applicazione della legge sui costi delle opere pubbliche. Riportiamo di seguito il comunicato del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, che prende spunto dall’intervento dell’ANAC in Parlamento.
Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia, ha presentato presso la Camera dei Deputati la Relazione annuale 2023. Tre passaggi sono di particolare rilevanza per le categorie tecniche e il sistema delle opere pubbliche, il cui significato è stato forzatamente travisato da taluni stakeholder, anche attraverso i propri organi di comunicazione.
ANAC sottolinea l’eccessivo ricorso alle deroghe e discipline parallele, spesso legate alla nomina di Commissari, che si rendono necessari per garantire quegli obiettivi che rappresentano invece i principi cardine del nuovo Codice, ovvero il risultato e la celerità dei processi. Se anche alla luce di tali postulazioni si rende ancora necessario il ricorso a strutture commissariali, significa che non si è dato corso compiutamente a quell’attività di semplificazione normativa e di supporto ai funzionari della Pubblica Amministrazione, rispetto ai quali occorre garantire percorsi professionalizzanti e di aggiornamento, oltre che congrue tutele e remunerazioni nello svolgimento della propria attività. Il superamento della paura della firma si potrà conseguire solo se saremo in grado di esplicare il principio di fiducia postulato dal Codice in termini concreti e di reali incentivazioni.
Altro passaggio è relativo al ricorso eccessivo agli affidamenti diretti, quantificato dai dati a disposizione dell’Autorità nel 90% degli affidamenti, ovvero il 78% sopra i 40.000 euro. Non si tratta invero di una proiezione inattesa, in quanto la relazione di accompagnamento del Codice consegnata dal Consiglio di Stato con la stesura preliminare della norma, esplicitava tali previsioni, che tuttavia vanno lette in termini di numerosità e non di importi. Se infatti le rilevazioni percentuali vengono fatte sugli importi degli affidamenti, l’aliquota degli stessi (assegnati con procedura comparativa, ristretta o aperta) supera ampiamente quelli fiduciari. Ulteriore garanzia offerta dal nuovo Codice è rappresentata dal meccanismo di rotazione da applicare agli affidamenti, che il Consiglio di Stato ha introdotto nell’articolato con maggiore pervasività ed efficacia rispetto al passato.
Infine, si rileva il richiamo alle criticità emerse sul tema dell’Equo compenso, con paventate ricadute sull’aggravio dei quadri economici e la competitività dei giovani professionisti. Se da alcune parti interessate si vuole estremizzare il concetto espresso dal Presidente Busia, preme sottolineare che già questo Consiglio Nazionale si è espresso sul tema, peraltro con un documento pubblicato nel luglio 2023. Stupisce al contempo come sovente si sorvoli sugli unici provvedimenti della Giustizia Amministrativa intervenuti, ovvero le sentenze del TAR Veneto e del TAR Lazio, che risultano perfettamente allineate col citato documento del CNI. L’Equo compenso si applica agli affidamenti regolati dal Codice e la concorrenza viene esaltata sui valori qualitativi degli operatori economici, che possono altresì concorrere sull’economicità della prestazione, facendo leva su proposte organizzative più efficienti e che consentano riduzioni delle spese correlate ai compensi.
Da ultimo va sgomberato il campo da considerazioni non supportate da alcun riscontro statistico e fattuale. I quadri economici delle opere pubbliche non risultano differenti per via dell’applicazione dell’Equo compenso. Com’è noto a chiunque operi nel settore delle opere pubbliche, i quadri economici vengono predisposti con riferimento al calcolo delle spese tecniche secondo il decreto parametri ed eventuali ribassi, comunque concepiti, possono scaturire solo a seguito della fase di affidamento. La stessa ANAC si è più volte pronunciata sull’illegittimità dell’inserimento di preventivi ribassi nei bandi di gara, pratica non consentita peraltro dall’art. 41 del Codice. I quadri economici delle opere, che rientrino nell’ambito PNRR o di ordinari finanziamenti, non risultano pertanto variati neanche di un centesimo dall’applicazione dell’Equo compenso.
Altrettanto importante la garanzia dell’inserimento di giovani professionisti nell’ambito delle opere pubbliche. Nel recente passato, risultando penalizzati sull’offerta qualitativa per via del ridotto curriculum, i giovani erano obbligati a offrire ribassi mortificanti, valutati anche nell’ordine del 90% dei corrispettivi, come documentato dal nostro Osservatorio sui Servizi di Ingegneria e Architettura. Grazie alle previsioni del nuovo Codice e della legge sull’Equo compenso un giovane professionista può ora risultare affidatario di un incarico pubblico mediante un affidamento diretto, compensato secondo i parametri ministeriali.
L’applicazione corretta delle misure delle due norme assicura pienamente il rispetto del principio comunitario della concorrenza, la rotazione degli affidamenti e la valorizzazione dei giovani professionisti. Non ultimo, tutela la qualità delle progettazioni, che garantiscono l’efficientamento delle risorse pubbliche, la riduzione dei tempi esecutivi e del contenzioso, nonché la corretta pianificazione della sicurezza nei cantieri.
Le aspettative e il ruolo dei professionisti tecnici
Si osserva, infine, il pervicace contrasto delle legittime aspettative delle categorie tecniche e professionali, che rappresentano una componente strategica del sistema paese. Occorre comprendere che le professioni tecniche svolgono di fatto un servizio di pubblico interesse e devono essere poste nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo con coscienza e garanzia di una cornice di regole certe e basate sulla giusta remunerazione per le prestazioni da queste rese. Il settore civile e delle opere pubbliche sta vivendo una carenza sempre più preoccupante di tecnici, conseguenza della riduzione enorme di iscritti nei propedeutici percorsi universitari. Dobbiamo comprendere che misure legislative susseguitesi negli anni hanno reso la professione, sia libera che nell’ambito della pubblica amministrazione, sempre meno appetibile, per prospettive economiche di certo non gratificanti, a dispetto di quanti continuano a ritenere che le tutele della L. 49/23 siano superflue. A fronte peraltro di responsabilità civili, penali, amministrative ed erariali che sono molto più presenti e soffocanti del passato.
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