L’entrata in vigore della legge sull’equo compenso rappresenta una grande vittoria per i professionisti italiani, il cui diritto a ricevere una retribuzione adeguata alle loro prestazioni viene finalmente riconosciuto. Eppure, a quanto pare, c’è ancora da lottare. Scopriamo di più.
Nei giorni scorsi si è assistito una preoccupante levata di scudi contro l’equo compenso, un provvedimento sacrosanto per il quale i professionisti si sono battuti per anni, a tutela della qualità delle prestazioni e, di conseguenza, degli interessi dei cittadini. In particolare si fa riferimento ad una lettera, cui la stampa ha dato larga diffusione, che Abi, Assonime, Confindustria, Ania e Confcooperative hanno inviato al Governo in cui pur non mettendo, a loro dire, in discussione la ratio di fondo della legge, contestano le modalità con cui è stata declinata che «rischiano di dare luogo ad aumenti paradossali e indiscriminati di tutti i compensi professionali, generando un volume di costi insostenibile per le imprese». A stretto giro si è registrato anche un intervento di Oice, in rappresentanza delle società di ingegneria e architettura, che ha puntato il dito sul fatto che la violazione dell’applicazione dei compensi minimi per le prestazioni tecniche mette i liberi professionisti nelle condizioni di impugnare ogni gara. Infine, è intervenuta anche l’Anac che ha auspicato un coordinamento tra la legge sull’Equo compenso e il nuovo Codice dei Contratti. Inoltre, Anac si chiede se sono stati reintrodotti i compensi professionali minimi e fino a che punto può arrivare il massimo ribasso, dal momento che, a norma di legge, esso potrebbe riguardare solo le spese. Va detto che da parte del Governo è arrivata una dichiarazione molto equilibrata di Francesco Paolo Sisto, Viceministro della Giustizia con delega alle professioni, che ha invitato a verificare il funzionamento delle norme prima di abbandonarsi ad allarmi prematuri.
Il commento del presidente del CNI
A questo punto, il Consiglio Nazionale Ingegneri intende ribadire ulteriormente la propria posizione in merito e lo fa attraverso le parole del suo Presidente, Angelo Domenico Perrini.
“Tanto per cominciare intendiamo confermare quanto emerge da un’analisi prodotta recentemente dal nostro Centro Studi - dice Perrini -: l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, in quanto soggetto all’applicazione del principio dell’Equo compenso, comporta che il compenso del professionista non potrà essere soggetto a ribasso e il criterio dell’offerta più vantaggiosa dovrà essere applicato sulla base dei soli criteri qualitativi e a prezzo fisso. E’ ammissibile il ribasso della componente del corrispettivo relativa alla voce “spese”, ove le stesse siano state determinate in maniera forfettaria dalla stazione appaltante, a patto però che questo non intacchi l’equità del compenso. A tal fine la Stazione Appaltante è obbligata a procedere alla verifica dei ribassi praticati sule spese, onde accertare che essi non incidano sull’equità del compenso”.
“Detto questo - prosegue Perrini - è chiaro che col tempo occorrerà stabilire dei parametri che consentano alle stazioni appaltanti di definire con semplicità le soglie di anomalia dei ribassi sulla componente spese. Relativamente alle lamentele rappresentate da banche ed imprese, vorrei ricordare che la legge sull’equo compenso nasce proprio per porre fine alle storture imposte ai professionisti dai grandi committenti, con compensi irrisori per prestazioni di alta professionalità e di altrettanto alto livello di responsabilità. Sia ben chiaro che un ritorno allo status quo non è possibile. I grandi committenti se ne devono fare una ragione: la stagione dei facili profitti alle spalle dei professionisti si è chiusa per sempre!
Piuttosto, è necessario sedersi insieme attorno ad un tavolo per dare attuazione alla legge 49/2023 che contiene in se già tutti gli strumenti per evitare eventuali storture che sono paventate dai grandi committenti. Mi riferisco in particolare all’articolo 6 della legge che indica come “presuntivamente equi” i compensi derivanti da modelli standard di convenzioni concordate tra grandi committenti e consigli nazionali delle professioni”.
“Prima di chiedere a gran voce il ritorno ad un regime di sopraffazione - conclude Perrini - i grandi committenti avrebbero potuto chiamare a raccolta i consigli nazionali per avviare un percorso per definire i nuovi standard di convenzione che soddisfino entrambe le parti interessate. Noi, come sempre, siamo pronti ad avviare un confronto in qualsiasi momento”.