Equo compenso: “Va sempre garantito”. Parlano i professionisti

di Marco Zibetti
La legge sull’equo compenso mira a garantire la giusta remunerazione delle prestazioni professionali nei rapporti con la PA. Ma non sempre questo succede

Il Correttivo al Codice Appalti, recentemente approvato, non ha messo fine alla disputa sull’equo compenso per i professionisti. I diretti interessati fanno nuovamente sentire la loro voce. Vediamo insieme cosa chiedono.
“Prendiamo atto del parere espresso dalla Commissione Ambiente del Senato, che di fatto boccia l’impostazione di un’applicazione dell’equo compenso ‘a due velocità’ (incarichi sottoposti a gara e incarichi diretti) - commenta il Presidente di Confprofessioni, Marco Natali -, ma rimarchiamo che la legge Meloni sull’equo compenso nasce proprio per garantire la giusta remunerazione delle prestazioni professionali nei rapporti con la Pubblica Amministrazione”.
“Non possono esserci dubbi sull’applicazione del principio dell’equo compenso nei pubblici appalti, sia sul piano giuridico formale che su quello sostanziale - prosegue Natali - poiché la legge Meloni afferma espressamente la sua piena applicabilità alle pubbliche amministrazioni. Prevedere, quindi, espliciti criteri di deroga per i pubblici appalti significherebbe indebolire l’affermazione del principio di equità stabilito dalla legge, rischiando di riportare indietro le lancette dell’orologio al tempo in cui era prassi non riconoscere ai professionisti compensi equi”.

Equo compenso: l’errore comune

“La disciplina dell’equo compenso - conclude il Presidente di Confprofessioni - è stata più volte erroneamente assimilata a un regime di tariffe minime, ormai abrogato, senza comprendere che essa non costituisce un ostacolo all’accesso al mercato, ma una garanzia di corrispondenza tra qualità della prestazione e corrispettivo nei casi in cui il committente si trovi in posizione dominante”.


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