"Il suolo in Italia continua ad essere sotto assedio. I dati di ISPRA - dichiara Damiano Di Simine, responsabile suolo Legambiente - consolidano la fotografia di un Paese che vede il 7,7% del proprio territorio sepolto da cemento e asfalto, valore tra i più alti in Europa, e preoccupa il dato relativo alla crescita nelle regioni in ripresa economica, come nel Nord-Est del Paese. Il consumo di suolo rimane, dunque, un problema irrisolto della Penisola e, anche se in questi ultimi anni la crisi del settore delle costruzioni ha prodotto un rallentamento del consumo di suolo, continuano gli attacchi, le speculazioni e l’abusivismo edilizio a danno del territorio, di molti tratti tra i più belli della Penisola e dei paesaggi costieri. Come Legambiente ha più volte denunciato nei suoi dossier, oltre la metà dei litorali italiani è stato trasformato da case, palazzi, ville e porti. Per questo - aggiunge Di Simine - auspichiamo che si arrivi al più presto alla definizione di norme precise per fermare il cemento selvaggio, a partire dall’approvazione, non più rimandabile, di una legge nazionale contro il consumo di suolo, approvata nella scorsa legislatura alla Camera e poi stoppata in Senato, e che vi sia un cambio delle politiche a tutela delle coste, per intercettare quel turismo di qualità e far fronte ai cambiamenti climatici”.
"Dopo sette anni di inconcludenti discussioni di progetti di legge mai approdati al voto definitivo - conclude Di Simine - auspichiamo che il Parlamento in carica calendarizzi al più presto la discussione dei progetti di legge già depositati per arrivare al più presto all’approvazione della legge contro il consumo di suolo. Una normativa fondamentale per fermare speculazioni, scempi e abusi del territorio. Il consumo di suolo si può fermare se da un lato si mettono in campo azioni di tutela e dall'altro se rendiamo più semplice e conveniente economicamente intervenire per riqualificare periferie e edifici degradati e dismessi, mobilitando in questo modo progetti pubblici e risorse private. Senza attuare ciò, il rischio è che l'uscita dalla crisi sia accompagnata da un nuovo dilagare delle costruzioni sul territorio agricolo”.