“Cono rovesciato” è il primo pensiero. Uno spuntino a pancia vuota che, al pari di un altrettanto prosaico “nuraghe a testa in giù”, lascia insoddisfatti. O piuttosto in ostaggio di un sottile turbamento. Pugno nello stomaco o delizia di forme e proporzioni, il novello Museo Archeologico di Quartucciu sfugge allo stereotipo dell’opera architettonica di dover sempre e comunque sembrare qualcosa. Se poi quel qualcosa è per antonomasia il simbolo del territorio, la coscienza non può che dichiararsi appagata.
Utile a scongiurare l’imbarazzo che sempre suscita il non riconoscibile, stavolta il gioco perverso del paragone improprio – di cui “una caffettiera senza manico” è il punto di non ritorno - non sembra funzionare. Dallo Stagno di Molentargius alla catena montuosa dei Sette Fratelli, come “lui”, il Museo, capace di stimolare accesi dibattiti tanto in strada quanto sui social network, nessuno mai.
Del valore di 8 milioni di euro, il parco Urbano Sergio Atzeni, finanziato dalla Regione grazie ai bandi Por, prevede due corpi distinti di circa 2mila metri quadrati ciascuno: il già citato Museo Archeologico, ormai in odore di debutto e la ridente Biblioteca, completata lo scorso settembre.
Luogo deputato a parcheggio è l’agorà centrale su cui si affaccia l’intero complesso frutto del fortunato sodalizio tra l’architetto Pietro Reali ed il collega David Palterer. L’intento è duplice, anzi triplice, e si traduce in una sfida di notevole portata. Non solo infatti la pubblica amministrazione vuole offrire tanto uno spazio ludico - culturale ai bambini di ogni età (di giallo vestita la biblioteca contempla diversi settori: da 1 a 3 anni, dai 6 ai 10 e dai 10 in su) quanto una dimora adeguata ad ospitare i preziosi reperti della necropoli di Pill’ e Matta, ma mira piuttosto a cambiare in meglio gli anonimi connotati di una periferia che, se non proprio squallida, appare comunque priva di fascino.
Un obiettivo ambizioso culmine di quella stessa trama strategica di riqualifica del territorio che nell’integrazione delle diverse parti della città individua la propria ragione d’essere. Da sempre in prima fila nella lotta contro il degrado urbano Edilteco, azienda di San Felice sul Panaro leader internazionale nella produzione di malte leggere termoisolanti, ancora una volta è della partita.
L’impiego di Ecap, innovativo pannello isolante firmato Edilteco che vanta posa facile, rapida e sicura, ha permesso a Saibo, impresa esecutrice dei lavori, di procedere a spron battutto nel puntuale rispetto dei tempi di consegna. Merito anche della rasatura preapplicata che protegge in modo assai efficace i pannelli dalle intemperanze climatiche.
L’aspetto più apprezzato? L’estrema flessibilità del prodotto. Utilizzati sia nella coibentazione a cappotto delle pareti della biblioteca sia per garantire l’indispensabile immunità del museo agli indigesti sbalzi di temperatura, i pannelli Ecap sono stati applicati sul supporto in cemento a forma di nuraghe capovolto - ebbene sì, costretti a scegliere optiamo per la formula campanilista - che per tetto vanta una struttura in legno lamellare dotata di pannelli fotovoltaici.
Una forma quella conica piuttosto “scomoda” le cui fasi realizzative non sempre si sono rivelate agevoli (ottenere la corretta inclinazione e la perfetta curvatura del cordolo di chiusura del cilindro più esterno pare abbia richiesto un notevole dispendio di energia ). Ma che, a detta della stessa Saibo, non sembra aver messo i bastoni tra le ruote durante la posa dei pannelli Edilteco.
Ideale per l’isolamento termico interno ed esterno degli edifici, Ecap consente l’eliminazione dei ponti termici e protegge le facciate dalla violenza delle acque meteoriche. Una volta posizionato il pannello, è inoltre sufficiente un singolo strato di finitura colorata per ottenere un risultato impeccabile. Entriamo dunque nel dettaglio dell’intervento. Forte di una spina centrale che, illuminata dall’alto grazie ai lucernari, funge da disimpegno ai volumi trasversali destinati a funzioni diverse, la biblioteca ha preteso 600 chilogrammi di Ecap F e 14mila chilogrammi di Ecap MC 3mm giallo.
Più esoso il Museo Archeologico che ha richiesto l’impiego di 9800 chilogrammi di Ecap ADX, 16800 chilogrammi di Ecap MC 3mm bianco e 1200 chilogrammi di Ecap AP lilla destinato alla parete finestrata. Per la coibentazione a cappotto dello scrigno dei tesori di Pill’ e Matta - 2mila metri quadrati - è stato utilizzato il pannello Ecap 100 L40.
Ecco tradotto in numeri il sentito contributo Edilteco alla costruzione del futuro di Quartucciu. Un futuro già presente che non può prescindere dalla tutela del suo antico cuore e dal profondo rispetto per quell’illustre passato che nella necropoli di Pill’ e Matta riconosce la sua più autentica testimonianza.
Portato alla luce nella zona industriale agli inizi del nuovo millennio, il sito in questione vanta peculiarità uniche in Sardegna. 200 tombe di epoca punico-romana (siano esse a “fossa” o alla “cappuccina”) e oltre 2000 reperti tra cui bicchieri, piatti, lucerne: sono queste le impressionanti misure di un tesoro riemerso dalla notte dei tempi che non teme confronti al mondo. Tanto da destare oltreoceano l'interesse di un antropologo forense del calibro di Don Brothwell, punta di diamante dell'Università di York il cui nome è legato in modo indissolubile alla controversa identificazione dell’ormai mummificata, ma pur sempre splendida, regina Nefertiti. Saccheggiato dai Vandali ancor prima che l’impero romano d’occidente esalasse il suo ultimo respiro, vessato dagli Aragonesi e più volte ostaggio tra il XVI e il XVII secolo di devastanti epidemie di peste, Quartuccio è oggi pronto a vivere il proprio Rinascimento privato.
Una resurrezione che parte proprio da qui, dal Parco Urbano dedicato a Sergio Atzeni, giornalista-scrittore considerato l’esponente per antonomasia della nouvelle vague letteraria sarda. Intensa voce narrante al servizio degli umili e degli sconfitti, Atzeni morì nel 1995 a soli 43 anni scaraventato da un’onda assassina sugli scogli dell’isola di San Pietro.
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