Le restrizioni pensate per contenere l’emergenza sanitaria hanno avuto un impatto devastante sul mondo del lavoro. Andiamo a scoprire come questa situazione ha influito sul settore non residenziale del mercato immobiliare.
Ce lo dice il Rapporto annuale redatto dall’OMI in collaborazione con l’Associazione italiana leasing (Assilea).
I dati, come era facile aspettarsi, hanno mostrato un 2020 molto critico, in cui si è bruscamente arrestata la ripresa dei volumi delle compravendite, che stava progressivamente recuperando parte di quanto perso nel doppio crollo del 2008-2009 (scoppio della bolla statunitense) e del 2011-12 (misure fiscali del governo Monti); nel contempo è proseguito il bradisismo delle quotazioni, già in atto.
Come ormai tradizione, all’interno del Rapporto sono state oggetto di specifico approfondimento le dinamiche che hanno caratterizzato i principali mercati territoriali, urbani e provinciali.
Di seguito una sintesi di alcune delle principali informazioni relative proprio a questo tipo di scala di mercato, con riferimento ai tre principali segmenti analizzati (rispettivamente uffici, negozi e capannoni industriali), rinviando al testo integrale per un approfondimento più completo ed esauriente.
Il punto sugli uffici
Il segmento degli uffici ha segnato, nel 2020, un calo dei volumi compravenduti alla scala aggregata nazionale pari al 10,3% rispetto al 2019; il focus territoriale si è concentrato, come nel caso dei Negozi, sulle dodici città con popolazione superiore alle 250mila unità.
I dati mostrano mediamente un andamento abbastanza in linea con quello aggregato, anche se con un paio di eccezioni significative: dieci delle dodici città analizzate, infatti, hanno mostrato un calo del numero delle compravendite (NTN), in cinque casi superiore al 20% (a partire da Milano, -26,4%, che resta il mercato più dinamico con NTN pari a 902), mentre si è andati in controtendenza (tasso positivo) in due casi di un certo peso, ovvero Roma (+21,3%), che rappresenta il secondo mercato urbano nazionale (NTN pari a 652), e Venezia, che rappresenta il mercato più dinamico se rapportato allo stock di immobili presenti (coinvolto negli scambi, infatti, il 2,39% dell’intero stock, più che a Milano e a Roma).
Non presentano eccezioni, invece, i dati relativi alle quotazioni medie, tutte in calo, anche se con tassi più contenuti (solo a Napoli, -10,1%, e a Palermo, -6,2%, i tassi negativi superano il 3,5%); in termini assoluti, la quotazione più alta resta quella di Venezia (3.791 €/m2, sostanzialmente invariata), con Milano e Roma che seguono (appena al di sotto dei 3.000 €/m2).
Com’è andata per i negozi?
Il secondo dei segmenti analizzati, quello dei negozi, copre in realtà, in termini aggregati nazionali, oltre la metà dei volumi compravenduti dell’intero comparto non residenziale, e nel 2020 è stato anche il segmento più penalizzato, con un calo delle compravendite pari al 14,5%.
Alla scala delle principali città non sono presenti, in questo caso, eccezioni, con tassi tutti negativi, anche se con oscillazioni notevoli, comprese tra il -4,6% di Verona e il -43,3% di Bologna.
Le due città più importanti, ovvero Roma (NTN pari a 1.677) e Milano (NTN pari a 1.580), presentano entrambe tassi negativi più rilevanti di quelli medi nazionali (rispettivamente -16,3% e -21,7%); se rapportati con il relativo stock, i mercati comunali dinamici si confermano quelli di Milano e di Torino, con un rapporto tra unità movimentate e unità presenti pari rispettivamente al 2,58% e al 2,19%.
Risultano tutti negativi anche i tassi relativi alle quotazioni medie comunali; il quadro non è troppo dissimile da quello già osservato per gli Uffici, con i tassi più elevati a Napoli, -9,8%, e a Palermo, -5,9%, e con il valore assoluto maggiore a Venezia (4.304 €/m2), sostanzialmente stabile rispetto al 2019 (-0,1%).
La situazione dei capannoni
Il terzo, ed ultimo, segmento di mercato non residenziale approfondito nel Rapporto è quello produttivo, che ha segnato, nel 2020, una calo del 12,9% dei volumi compravenduti a livello nazionale.
In questo caso, in considerazione della specifica natura del segmento di mercato, l’approfondimento territoriale non è stato condotto sui principali comuni capoluogo, ma sulle province (sempre dodici) che presentano il più alto stock relativo; le province in oggetto, come facilmente prevedibile, sono concentrate per lo più nel Centro-Nord, con le sole eccezioni di Bari e di Roma.
Il maggior numero di scambi si è verificato nelle province di Milano (NTN pari a 789), Torino (NTN pari a 617) e Brescia (NTN pari a 467), seguite da Bergamo, Vicenza e Modena, con volumi tra loro abbastanza simili (NTN pari rispettivamente a 375, 350 e 349).
In termini di variazioni, in un solo caso, Brescia, si è avuto un incremento rispetto al 2019 (+5,5%); Milano ha registrato un calo del 21,6%, le altre province hanno avuto una riduzione degli scambi superiore al 10%, ad eccezione di Bologna e Padova (rispettivamente -4,7% e -1,4%).
Per quanto riguarda le quotazioni, i valori più elevati restano quelli di Roma (764 €/m2) e Milano (656 €/m2); il calo più consistente si è registrato a Varese (-7,2%), mentre in soli due casi non si sono registrate variazioni al ribasso, con valori invariati rispetto al 2019 (Padova, 513 €/m2, e Treviso, 316 €/m2).