Non è un mistero che la pandemia abbia cambiato il modo di vivere e di vedere la casa degli italiani. Vediamo allora quanto ha inciso sulle scelte abitative dei potenziali acquirenti del mercato immobiliare, concentrandoci sulle zone di preferenza.
Dalle analisi condotte dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa emerge che la ricerca di spazi esterni o di metrature più ampie, così come il ricorso importante allo smart working, hanno fatto valutare l’acquisto in località semicentrali e periferiche, in particolare in alcune grandi città.
Nel primo semestre del 2020 le aree centrali hanno perso l’1,2%, quelle semicentrali lo 0,3% e quelle periferiche l’1,6%. Ma è opportuno valutare cosa è successo in alcune grandi città: a Milano, Napoli, Bari e Verona le zone periferiche hanno messo a segno una performance migliore rispetto alle aree centrali e semicentrali perché hanno attirato acquirenti grazie ai prezzi più competitivi e accessibili. In particolare a Milano e Napoli si sono messe in evidenze delle maggiori sofferenze in centro, il cui trend molto positivo degli anni scorsi era dovuto soprattutto alla presenza di investitori che acquistavano con la finalità di realizzare acquisti con finalità ricettive.
Allarghiamo gli orizzonti: l’analisi degli ultimi 10 anni
L’analisi sui dieci anni evidenzia che nelle zone centrali gli immobili hanno perso il 13,8% del loro valore, in quelle semicentrali il 29,8%, mentre in quelle periferiche il 34,2%. La migliore performance spetta al centro di Firenze, che, nell’arco temporale considerato, ha visto un aumento del 17,9%, seguito dal centro di Milano, con un aumento del 12,9%, e da quello di Verona, con un aumento dell’1,9%. Gli immobili delle zone periferiche sono stati maggiormente penalizzati a Genova (-56,5%) e a Bari (-45,8%), dove si è fatta sentire la presenza di soluzioni spesso di tipologia popolare.