“Dal dopoguerra a oggi il tasso di rivalutazione immobiliare non ha avuto eguali nel confronto con qualsiasi altro prodotto finanziario. Nel medio/lungo termine non c’è Bot che tenga”. Esordisce così Santino Taverna, vicepresidente vicario nazionale Fimaa (Federazione italiana mediatori agenti d’affari), la maggiore associazione di categoria a cui aderiscono, nel nostro Paese, ben 14.000 associati.
“Le performance di rivalutazione di un immobile sono determinate da molteplici fattori e i migliori rendimenti si riscontrano spesso tra gli immobili di pregio ubicati in aree centrali e/o servite delle grandi città. In futuro, a tale processo contribuirà anche il basso consumo energetico. Il titolo di stato o l’investimento nei mercati azionari offre solitamente margini di profitto nel breve/brevissimo termine, ma occorre tenere sempre presente il rischio correlato”.
A fronte di un calo del credito immobiliare del 57% registrato nello scorso mese di settembre (dati Assofin, Associazione di Credito al Consumo e Immobiliare), il vice presidente vicario tiene a precisare che “l’accesso al credito immobiliare è indispensabile per la ripresa economica e fintanto che le garanzie richieste per accendere un mutuo continueranno a rivelarsi proibitive per il ceto medio/basso, risulterà sempre più complicato far ripartire il sistema/Paese. Gli istituti bancari dovrebbero ritornare a sostenere l’economia territoriale prestando denaro,soprattutto, a chi ne ha la vera necessità”.
“È vero che i contenziosi bancari negli ultimi 4/5 anni sono raddoppiati, ma occorre anche considerare che tale risultato è il frutto di una politica bancaria scellerata che per il maggior profitto, ha sacrificato l’economia reale. Dal 2000 al 2007 si sono erogate importanti quantità di denaro prestando scarsa attenzione alle garanzie di supporto e alle capacità di rientro. Un meccanismo perverso per alimentare alchimie finanziarie che ha evidenziato la propria fragilità innescando la crisi economica che perdura da ben cinque anni. Ma sarebbe ancor peggio pensare di rimediare agli errori del passato chiudendo i rubinetti del credito. Mai come oggi sarebbe indispensabile supportare finanziariamente la possibile ripresa”.
Intanto negli Stati Uniti, terra dalla quale è partito lo tzunami causato dai subprime, la grande distribuzione si attrezza per rubare clienti alle banche. Qualche giorno fa infatti il New York Times titolava “Nella lista della spesa: latte, pane, uova e un mutuo”. Sebbene i prodotti finanziari offrano margini risicati a realtà quali Costco e Wall Mart, costituiscono tuttavia un servizio di grande richiamo nei confronti di clienti che non hanno un conto corrente o che per svariati motivi non possono accedere al credito attraverso i classici canali. Una strategia di business che tuttavia rischia di incrementare l’indebitamento di fasce di popolazione già in grave difficoltà.