Qual è la ricettta per proiettare definitivamente il settore edile fuori dalla crisi cominciata nel lontano 2008? Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori la suggerisce al Governo.
“Per far ripartire l’edilizia serve una politica coraggiosa, che servirebbe all’intera economia considerati i dati preoccupanti sul PIL diffusi oggi dall’Istat, che inauguri una nuova stagione basata su interventi destinati alla manutenzione strutturale, alla trasformazione e alla rigenerazione delle città, che sono i luoghi dove si produce ricchezza: siamo nell’epoca delle città caratterizzate da profondi processi di concentrazione e di crescita urbana, in competizione, da una parte, con i sistemi urbani europei e mondiali, dall’altra con le diverse anime territoriali del Paese”. Così Giuseppe Cappochin, Presidente del CNAPPC, in occasione dell’iniziativa “Infrastrutture e recupero urbano della città” organizzato a Milano dalla FENEALUIL.
“Va sottolineato che, secondo i dati del Cresme, il mercato delle costruzioni è oggi costituito prevalentemente da una domanda di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio esistente, che rappresenta il 74% del valore della produzione delle costruzioni: dei quasi 4,1 milioni di cantieri in essere nel 2017, 46mila erano relativi a nuove costruzione residenziale; 23mila a nuove costruzioni non residenziali; 51mila ad ampliamenti residenziali e 25mila a quelli non residenziali; 54mila alle opere pubbliche; e ben 3,9 milioni di cantieri erano relativi ad interventi di manutenzione estetica o strettamente funzionale”.
“E’ in questo settore - sottolinea Cappochin - che, invece, si deve pensare in grande: la manutenzione deve, infatti, essere strutturale e riguardare intere parti di città, a partire dalle periferie e dalle zone più deboli, indirizzandovi - ad esempio - i prossimi fondi strutturali europei ed utilizzando politiche fiscali, incentivi e nuovi modelli normativi. Lo stesso approccio strategico serve per il sistema infrastrutturale: il Paese ha bisogno di un Piano che affronti il problema della qualità delle infrastrutture esistenti e della loro innovazione”.
“Tutto ciò sarà possibile - conclude - solo se le città diventeranno finalmente oggetto delle politiche pubbliche, ma fino ad oggi, purtroppo, sembrano, invece, essere state dimenticate proprio dalla politica. Dal Governo ci aspettiamo una svolta per affrontare al meglio la competizione, in atto da tempo, tra le città europee, che sono all’avanguardia per l’alta qualità della vita, opportunità di lavoro ed investimenti in cultura”.