“Il piano di sviluppo delle fonti rinnovabili presentato dal Governo dimostra che l’Italia ce la può fare a raggiungere gli obiettivi europei al 2020. Ma ora si spinga in questa direzione con chiarezza e si valorizzino le potenzialità del Paese”.
E’ questo il messaggio fondamentale lanciato oggi da Greenpeace, Legambiente e WWF nel corso di una conferenza stampa in cui hanno presentato due documenti: uno per chiedere al Governo obiettivi più ambiziosi per le rinnovabili e illustrare uno scenario di sviluppo al 2020 con potenzialità per il Paese maggiori di quelle previste nel Piano, e l'altro per chiedere di innalzare al 30% l’obiettivo europeo di riduzione dei gas serra, indispensabile per fermare i cambiamenti climatici e utile anche ai fini del rilancio economico italiano e europeo.
Ad illustrare le proposte delle associazioni questa mattina erano presenti: Giuseppe Onufrio, Direttore Greenpeace Italia, Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Legambiente, Mariagrazia Midulla, Responsabile Clima ed Energia WWF Italia.
Rispetto al Piano per le rinnovabili presentato dal Governo per raggiungere il 17% di contributo rispetto ai consumi interni di energia fissato dall’Unione Europea al 2020, il documento ha analizzato i potenziali per le diverse fonti rinnovabili forniti dalle associazioni di settore e dal Ministero dello Sviluppo Economico, ed ha delineato diversi scenari da mettere a confronto.
Il primo, denominato verde secondo cui le energie rinnovabili potrebbero produrre al 2020 152 TWh solo nel comparto elettrico (contro i 119 TWh indicati dal governo) e arrivare nel complesso a garantire 28 Mtep di energia primaria, contro i 22,3 Mtep stimati dal Piano d’Azione.
Se i consumi finali di energia elettrica dell’Italia si attestassero dunque a 366 TWh al 2020, così come stimato dal Governo nel Piano d’Azione, le rinnovabili potrebbero coprire addirittura il 41,5%del consumo finale di elettricità già nel 2020, mentre nel caso dello scenario a maggiore efficienza energetica - che è quello da assumere come obiettivo per le tre associazioni ambientaliste - la quota salirebbe al 45%. Se poi si assumono tutti i valori massimi presentati dalle diverse associazioni industriali di settore la quota delle rinnovabili salirebbe a oltre il 48% .
“Tutti gli studi mostrano come l’Italia abbia le potenzialità per fare delle rinnovabili il perno di una nuova politica energetica che permetta di ridurre la dipendenza dall’estero e l’utilizzo di fonti fossili” hanno dichiarato i tre esponenti delle associazioni.
In particolare WWF, Greenpeace e Legambiente hanno sottolineato come sia possibile fare a meno di importazioni di energia elettrica rinnovabile, come invece previsto dal Piano di Governo per il raggiungimento degli obiettivi con benefici evidenti in termini economici, ambientali e occupazionali dalla spinta alla realizzazione di impianti sul territorio italiano.
Le fonti rinnovabili, infatti, possono essere uno straordinario strumento per uscire dalla crisi, ma gli obiettivi - ricordano le associazioni - non bastano. C’è anche bisogno di strumenti adeguati, come interventi sulle reti elettriche e finalmente un quadro di regole certo per le autorizzazioni degli impianti, oltre a chiarezza sugli incentivi.
“Fa bene il Piano a puntare sugli attuali incentivi, rivedendoli per ridurre sprechi e dare certezze agli investimenti – hanno aggiunto le tre associazioni –. Ci aspettiamo dal Governo coerenza rispetto a questi impegni a partire dai certificati verdi, a cui l’attuale manovra economica toglie ogni futuro, dal conto energia per il solare fotovoltaico e dalla detrazione del 55% per il solare termico che scadono a dicembre, su cui si continua a non avere certezze. Come mostra il documento sul Clima l’Italia avrebbe tutto da guadagnare nella lotta ai cambiamenti climatici con l’incremento delle ambizioni europee di riduzione delle emissioni.
Chiediamo quindi al Governo di non ostacolare l’obiettivo europeo di riduzione dei gas serra di almeno il 30% entro il 2020. Al 2008 l'Europa aveva già ridotto le emissione dell'11,3%, anche per effetto della crisi economica, quindi l'obiettivo di riduzione del 20% non fornisce una sufficiente spinta all'innovazione tecnologica e industriale, in quanto sarebbe un rallentamento del trend storico di riduzione delle emissioni.
La scelta di osteggiare un accordo per l'aumento delle ambizioni a livello europeo non fa che danneggiare l’interesse del Paese, sia nella prospettiva di impegno nella lotta ai cambiamenti climatici che in quello di trasformare questa necessità in un grande investimento nel futuro che può aiutare l’innovazione e la competitività del Paese nel quadro della nuova economia”.