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Le richieste dei lavoratori, di nuovo in piazza

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La manifestazione, culmine di una serie di iniziative in tutta Italia già a partire dalle prossime ore, è stata annunciata dai sindacati FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil

Il rilancio del comparto edile non può più aspettare. La crisi cominciata nel 2008 ha causato la perdita di 600 mila posti di lavoro e la chiusura di 120 mila aziende. Per questo il 15 marzo a Roma manifesteranno 10 mila lavoratori del settore costruzioni.

La manifestazione, che sarà il culmine di una serie di iniziative che si terranno in tutta Italia già a partire dalle prossime ore, è stata annunciata dai sindacati FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil, in una conferenza stampa nei cantieri della Metro C di Roma. “Nelle aziende, nei cantieri, nei territori - hanno detto ai giornalisti i segretari generali delle tre sigle, Vito Panzarella, Franco Turri, Alessandro Genovesi - incontreremo i lavoratori delle costruzioni per confrontarci sul futuro del settore, che rischia davvero di scomparire senza investimenti, una programmazione e una politica industriale per la creazione di lavoro, e in assenza di interventi per la messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici e privati. Inoltre chiederemo incontri ai prefetti ed alle istituzioni locali e proporremo a livello nazionale l’istituzione di un tavolo per una strategia di rilancio e di riqualificazione del settore”.

Tra le altre proposte dei sindacati ci sono un nuovo piano di investimenti, il completamento di tutte le opere avviate e l’avvio di quelle per le quali ci sono risorse, l’istituzione di un Fondo nazionale di garanzia creditizia, interventi mirati sul sistema bancario nazionale, investimenti sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, una revisione mirata del Codice Appalti, la messa in campo di nuove misure per le politiche abitative, il potenziamento del sistema degli incentivi, la promozione della qualificazione delle imprese, il rafforzamento del meccanismo del Durc e misure per contrastare il dumping contrattuale, che riduce diritti e tutele, in particolare su salute, sicurezza, formazione.