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Legambiente presenta le osservazioni alla proposta di Strategia energetica nazionale

Energie rinnovabili di
Secondo l’associazione il documento è contraddittorio: dichiara di voler promuovere rinnovabili ed efficienza energetica senza però dare strumenti certi e timing adeguati al loro effettivo sviluppo


Decidere di presentare una proposta di Strategia energetica nazionale in una fase così' delicata per la crisi economica, energetica e climatica che stiamo attraversando, ci sembra positiva e apprezzabile, ma in un momento di tale crisi serve un segnale più forte da parte del governo per innovare davvero un settore strategico per lo sviluppo economico e ambientale del Paese”.
 
Con queste parole Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, introduce il documento di osservazioni che Legambiente ha elaborato sulla Strategia energetica nazionale presentata dal Ministero dello Sviluppo economico.

Il documento - continua Zanchini - è contraddittorio, a parole dichiara di voler promuovere rinnovabili ed efficienza energetica senza però dare strumenti certi e timing adeguati al loro effettivo sviluppo. Nei fatti, e con interventi precisi, però ne ostacola lo sviluppo e dà il via libera alle trivellazioni per estrarre petrolio e gas. Ora più che mai, invece, servirebbero prospettive coraggiose e innovative per rilanciare l’economia e dare fiducia a cittadini e imprese riducendo le spese in bolletta e fornendo gli strumenti giusti per competere nell’economia del futuro”.

Nello specifico, Legambiente punta il dito sulla transizione per ridurre importazioni e consumi di fonti fossili, per cui il documento invece di puntare decisamente alla riduzione del consumo e delle importazioni di fonti fossili, individua, sia per l'efficienza energetica che per le fonti rinnovabili, strategie generiche e strumenti inadeguati a raggiungere quanto previsto e propone un rilancio della produzione di idrocarburi nazionali che appare incoerente oltre che sbagliata.

Il secondo tema su cui la SEN "sorvola" sono i costi per il sistema legati ai problemi che vivono gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti fossili. Nonostante la necessità di realizzare nuove centrali oggi in Italia non esista, abbiamo centrali in fase di realizzazione (6 per 3.543 MW secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico) e altre in corso di autorizzazione (ben 38 tra gas, metano, carbone, per 23.990 MW). Senza considerare quelle più inquinanti e climalteranti, a carbone, discussione tra riconversioni e nuovi progetti per oltre 5mila MW, da Porto Tolle a Saline Ioniche, a Rossano.

Legambiente considera profondamente sbagliata la scelta di puntare ad aumentare la produzione di idrocarburi nazionali. Una prospettiva che appare insensata non solo da un punto di vista ambientale ma anche rispetto agli obiettivi previsti dal documento di riduzione della dipendenza dall'estero e della bolletta energetica.

Più volte nel documento si torna sul costo degli incentivi per le fonti rinnovabili e l'impatto sulle bollette di cittadini e imprese. Impossibile è invece trovare una valutazione dei vantaggi portati al sistema. È contro la ragione e l'interesse generale raccontare in questo modo la crescita delle rinnovabili avvenuta in questi anni in Italia. Sicuramente qualche errore è stato commesso, ma i risultati in termini di produzione sono stati costanti in tutti questi anni e nel 2012, da gennaio a ottobre, il solo contributo di eolico e solare ha superato l'11% della produzione netta nazionale.

Questi risultati hanno permesso tra l'altro di ridurre la produzione da termoelettrico, diminuire le importazioni dall’estero di fonti fossili, in particolare di petrolio e gas, ridurre le emissioni di CO2, con vantaggi per il clima e l’inquinamento, ma anche economici, abbassare il costo dell’energia nel mercato elettrico, senza dimenticare i tanti nuovi occupati creati in questi anni.

La SEN dovrebbe poi approfondire sul serio la questione delle bollette. Perché' di sicuro negli ultimi dieci anni è avvenuto un aumento notevole del prezzo delle bollette elettriche per le famiglie italiane. Secondo i dati dell’Autority per l’energia, la spesa annua delle famiglie per l’elettricità è passata da una media di 338,43 euro nel 2002 a 515,31 Euro nel 2012. Ossia 176,88 Euro in più a famiglia e un aumento del 52,5%.

Ma nelle bollette à la voce legata all’andamento del prezzo del petrolio che è decollata, passando da 106,06 euro a 293,96. Esattamente 187,36 Euro in più a famiglia per spese legate al prezzo del petrolio con un aumento del 177,2%. Del resto siamo un Paese che importa il 97% del petrolio, gas e carbone utilizzati e che non dispone di significativi giacimenti. Eppure tutta l’attenzione viene posta nei confronti delle rinnovabili e in particolare sul fotovoltaico il cui peso è in aumento in modo del tutto marginale rispetto all’aumento nella bolletta delle famiglie

Piuttosto la SEN dovrebbe con più' attenzione guardare alla pulizia necessaria all'interno delle bollette elettriche, eliminando le voci inutili come gli “oneri generali di sistema” per la messa in sicurezza dei siti nucleari, per i regimi tariffari speciali alle Ferrovie, ma anche tutti i sussidi legati alle fonti “assimiliate” e quindi inceneritori e raffinerie. Inoltre occorre affrontare il tema della garanzia di una vera concorrenza nel mercato elettrico, in modo da controllare e evitare cartelli sui prezzi.

Rispetto al nuovo scenario di sviluppo delle rinnovabili, La SEN sbaglia a non rivendicare il cambiamento positivo che le rinnovabili hanno portato nel sistema energetico italiano. I vantaggi in termini di riduzione delle importazioni e del l'inquinamento locale e globale sono evidentissimi.

E' un cambiamento radicale nel sistema di produzione e gestione energetica con una generazione sempre più distribuita, tra oltre 400mila impianti di grande e piccola taglia, distribuiti nel 95% dei Comuni italiani, da Nord a Sud, dalle aree interne ai grandi centri e con una interessante e articolato mix di produzione da fonti differenti. Ed è tale la portata di questi processi e la loro diffusione che è difficile persino monitorarli e in molti faticano a capirne la portata.

Inoltre, si può sostenere, senza possibilità di smentita, che gli obiettivi previsti dalla SEN per le rinnovabili non saranno mai raggiunti senza modifiche dei provvedimenti attualmente previsti, capaci di risolvere sul serio i problemi e dare certezza agli investimenti. Un esempio è il nuovo sistema di incentivo attraverso aste per i grandi impianti, che sta rivelando tutti i problemi di applicazione.

O i registri introdotti per gli altri impianti, che tolgono certezze agli investimenti. O l'incertezza nelle autorizzazioni o i tempi spesso non stimabili di chiusura della procedura. Tutti questi fattori rendono di fatto più costoso e incerto rispetto agli altri Paesi un investimento nelle rinnovabili per le spese di gestione dell'iter progettuale, per le convenzioni, per gli oneri e le tasse locali. E' una questione di cui la SEN si deve occupare.

La SEN ignora poi il fatto che in molte Regioni italiane sono di fatto vietati nuovi progetti da rinnovabili per diverse tecnologie, visto l'incrocio di burocrazia, limiti posti con il recepimento delle linee guida nazionali e veti dalle soprintendenze. Bisogna aprire un confronto sulle regole di approvazione degli impianti da fonti rinnovabili, sfruttando l'opportunità anche giuridica di intervento legata all’entrata in vigore del Burden Sharing, che consente al Ministero dello Sviluppo Economico di andare a vedere nelle Regioni quanto fatto.

Siamo in una fase nuova per quanto riguarda le fonti rinnovabili, per cui occorrono nuove politiche di sviluppo. La SEN sembra spaventata da questo scenario, per cui fissa obiettivi che vanno anche leggermente oltre quelli previsti dall’UE al 2020 ma poi si limita a raccontare gli incentivi in vigore e a denunciare i costi per il passato. Non è sufficiente a dare certezze per gli investimenti nelle fonti rinnovabili. La crisi che sta attraversando il settore in Italia è proprio dovuta alla mancanza di prospettiva. Al contrario di quanto avviene in Germania non è affatto detto da noi che si continuerà nella spinta alle tecnologie, né si sa qualcosa degli strumenti o della discussione.

E’ l’efficienza energetica il primo indispensabile pilastro del nuovo scenario energetico. Il Parlamento europeo ha appena approvato, in Commissione Industria, la proposta di Direttiva sull’efficienza energetica che prevede target vincolanti di riduzione del 20% dei consumi di energia entro il 2020. Ogni Paese dovrà definire una “roadmap”, con target intermedi, e sono previste sanzioni per i Governi inadempienti. Il nostro paese non ha ancora alcuna politica che spinga chiaramente in questa direzione: il Piano di azione per l’efficienza energetica, approvato lo scorso anno, è infatti inadeguato come obiettivi e manca degli strumenti attuativi.

Occorre quindi spingere l’efficienza attraverso standard e incentivi, fissando miglioramenti progressivi nelle prestazioni di elettrodomestici, tecnologie e sistemi energetici industriali con incentivi e scadenze per gli standard meno efficienti (da togliere dal  commercio), e che introduca obblighi per le tecnologie già competitive; dare certezza agli strumenti in vigore; rendere strutturali le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica (il cosiddetto 55%);  aumentare gli obiettivi fissati per i certificati bianchi, fissare dei criteri minimi di efficienza energetica e di emissioni di CO2, a partire dall’obbligo di cogenerazione per i progetti di nuovi impianti energetici.

Rispetto all'efficienza energetica in edilizia, quanto previsto dalla SEN appare del tutto insufficiente, perché non fornisce indicazioni chiare per il recepimento nelle normative, controlli e sanzioni, criteri per mettere assieme il più efficace mix di soluzioni progettuali tecnologiche e impiantistiche sostenibili. Il tema della certificazione energetica deve diventare centrale, per dare una direzione chiara a tutto il settore delle costruzioni.

Investire nelle reti energetiche è poi oggi una condizione indispensabile per dare un futuro al modello della generazione distribuita. La rete elettrica è infatti la spina dorsale e la condizione per il funzionamento di un sistema che deve essere capace di gestire crescenti flussi di energia discontinui e bidirezionali nel nuovo scenario sempre più rinnovabile e distribuito.

Il documento presentato oggi è scaricabile in versione integrale su www.legambiente.it.