Negli ultimi 15 anni, sempre più donne hanno scelto la libera professione, contribuendo a una crescita senza precedenti del settore. Tuttavia, dietro questi numeri positivi si nasconde una realtà ancora complessa: il gap retributivo tra uomini e donne resta profondo, con differenze significative in base all’età, al settore e alla posizione geografica. Cosa sta accadendo davvero nel mondo delle libere professioniste? E quali sono le azioni necessarie per raggiungere un’autentica parità di genere?
Secondo il Rapporto "Le priorità strategiche per la parità di genere nelle libere professioni" dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, presentato a Roma, il numero di liberi professionisti in Italia è cresciuto del 18,4% tra il 2009 e il 2023. Un incremento guidato soprattutto dalle donne, che sono aumentate del 49% contro il 6,5% degli uomini. Oggi, le libere professioniste rappresentano il 35,3% del totale, rispetto al 28% di 15 anni fa.
Il divario di reddito: un problema ancora irrisolto
Se da un lato la presenza femminile nel settore è in forte espansione, dall’altro il reddito medio delle professioniste rimane nettamente inferiore rispetto ai colleghi uomini. Mentre un libero professionista guadagna in media 54.000 euro all'anno, una donna nella stessa posizione si ferma a 29.000 euro: una differenza di 25.000 euro. Il gap si amplia con l’età, raggiungendo il massimo tra i 51 e i 60 anni, quando gli uomini arrivano a 67.000 euro contro i 37.400 delle donne.
Un confronto con il lavoro dipendente
L'analisi del rapporto evidenzia che le professioniste iscritte alle Casse previdenziali guadagnano il 10% in meno rispetto alle dipendenti pubbliche, mentre per gli uomini la libera professione si traduce in stipendi più elevati rispetto ai lavoratori subordinati. Questo squilibrio potrebbe spiegare la crescente preferenza delle giovani laureate per il lavoro dipendente, che garantisce maggiore stabilità economica e più tutele.
Settori e territori: dove si concentrano le disparità
A livello territoriale, le libere professioniste sono più presenti nel Centro-Nord (38-35%) rispetto al Mezzogiorno (32,2%), con regioni come Emilia-Romagna, Molise, Liguria e Lazio che superano il 39%, mentre Calabria, Sardegna e Campania si fermano attorno al 30%. Tuttavia, il Sud ha registrato una crescita più rapida, riducendo leggermente il divario con il resto del Paese.
Anche la distribuzione settoriale mostra nette differenze. Le donne sono più presenti in ambiti legati all'assistenza e ai servizi alla persona, come la sanità e l’assistenza sociale (51,9%) e le professioni legali (43,1%). In settori più tecnici e finanziari, come ingegneria, commercio e immobiliare, la loro presenza scende tra il 22% e il 24%, segnalando una segregazione professionale ancora marcata.
Le sfide della genitorialità per le professioniste
Un'indagine condotta dall’Osservatorio delle libere professioni su 1.300 iscritti alla Gestione Professionisti di Ebipro ha rivelato che quattro donne su cinque vedono la maternità come un ostacolo alla carriera. A differenza delle lavoratrici dipendenti, le libere professioniste non beneficiano delle stesse politiche di conciliazione tra vita e lavoro, né delle tutele per la genitorialità. Questo fattore contribuisce alla tendenza delle professioniste a posticipare la nascita del primo figlio oltre i 30 anni.
Quali soluzioni per ridurre il divario?
Durante l'evento di presentazione del rapporto, il presidente di Confprofessioni, Marco Natali, ha sottolineato la necessità di "politiche mirate per garantire un maggiore equilibrio di genere e pari opportunità di crescita professionale". Anche Susanna Pisano, del Desk Europeo Confprofessioni, ha evidenziato come le criticità riscontrate nel settore siano in linea con le difficoltà dell’intero mondo del lavoro autonomo e richiedano interventi coordinati tra attori politici, sindacali e sociali.
Tra le proposte emerse, figurano il miglioramento del congedo di paternità, il prolungamento degli orari degli asili nido e l’implementazione di percorsi di formazione continua certificata per favorire la digitalizzazione e le nuove tecnologie. "La competenza deve essere la nostra stella polare", ha dichiarato Marta Schifone, sottolineando l'importanza di indirizzare i giovani, e in particolare le donne, verso le discipline STEM, ancora poco scelte a causa di stereotipi di genere radicati.
L'analisi dell'Osservatorio si inserisce nella Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, che definisce cinque priorità strategiche: Lavoro, Reddito, Competenze, Tempo e Potere. Obiettivi chiari e misurabili, per i quali è necessario un impegno congiunto al fine di garantire alle libere professioniste le stesse opportunità di crescita e realizzazione dei loro colleghi uomini.
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