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Oice: la modifica al Codice dei Contratti Pubblici penalizza le piccole e medie imprese

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La modifica inserita nel ddl sulla libertà d’impresa aumenta da 100 a 193 mila euro la soglia minima per l'obbligo di gara nell' affidamento dei servizi di progettazione


Il presidente dell’OICE Oddi Baglioni ha presentato un esposto al Sen. Cesare Cursi, presidente della Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato per esprimere netta contrarietà nei confronti della modifica al Codice dei Contratti Pubblici, inserita nel ddl sulla libertà d’impresa, in seconda lettura al Senato, che aumenta da 100 a 193 mila euro la soglia minima per l'obbligo di gara nell' affidamento dei servizi di progettazione.

Nel 2010, in base ai dati del nostro Osservatorio sui bandi di gara, operativo dal 1994 - scrive nel suo esposto presentato ieri Oddi Baglioni - gli affidamenti di incarichi di progettazione e attività tecnico-amministrative ad essa connesse fino alla soglia dei 100.000 euro, già rappresentavano l’81% dell’intero mercato dei servizi di ingegneria e architettura.

Un innalzamento della soglia da 100.000 euro a 193.000 euro, invece di agevolare la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese, sottrarrebbe al libero mercato un ulteriore quota del 9,7% di affidamenti. La norma in sostanza porta a 125 mila la soglia minima per l'obbligo di gara negli affidamenti da parte delle amministrazioni centrali dello Stato e a 193 mila quella per le amministrazioni territoriali.

Questo, di fatto, consentirebbe alla Pubblica Amministrazione di affidare a trattativa privata, con invito di soli cinque soggetti, il 90,7 % del totale degli incarichi. Si tratta, peraltro - sottolinea il presidente OICE - di procedure, che anche a livello comunitario, sono considerate eccezionali; semmai per ripristinare condizioni di maggiore concorrenza e accesso al mercato, occorrerebbe agire in senso opposto a quello prefigurato dalla norma, riducendo la soglia di accesso dai 100 mila ai 50 mila euro.

In questo modo, invece, si incentiva anche il processo di suddivisione degli incarichi di rilievo comunitario, al fine di farli rientrare nelle più “flessibili” procedure nazionali, con danno anche per la concorrenza sul mercato interno e con il sostanziale azzeramento delle gare “comunitarie”.

Ma non basta: oltre ad una evidente e drastica riduzione della concorrenza - aggiunge il presidente OICE - la norma proposta determinerebbe un danno certo per le finanze pubbliche: il compenso oggetto di una procedura negoziata è infatti, mediamente, ben più elevato rispetto a quello oggetto di un confronto concorrenziale (procedura aperta) dove si registra un ribasso medio del 40%.

Va inoltre rilevato come la procedura negoziata, nel limitare la concorrenza a cinque soggetti invitati dalla stazione appaltante, non consente al committente di vagliare un numero adeguato di soluzioni tecnico-progettuali, finendo per danneggiare la stessa amministrazione che, per incarichi che possono essere anche complessi e articolati (come di norma sono quelli di importo superiore a 100.000 euro), potrebbe effettuare scelte non appropriate”.