Le opere incompiute rappresentano un enorme spreco di risorse e un grave danno per la comunità. Quali sono i numeri di questo problema nel nostro Paese? Lo scopriamo grazie all’ultimo aggiornamento del Sistema Informativo di Monitoraggio delle Opere Incompiute (SIMOI), pubblicato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims). Nel documento vengono inseriti annualmente gli elenchi delle opere pubbliche non completate facenti capo alle amministrazioni centrali e territoriali.
Dall’elenco emerge che al 31 dicembre 2021 le opere incompiute erano pari a 379, in calo rispetto alle 443 (-14,4%) della fine del 2020, anno in cui si era già registrata una diminuzione rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda le opere di competenza delle amministrazioni centrali, quelle incompiute scendono da 26 a 15 (-42,3%), mentre quelle relative alle amministrazioni locali si riducono da 417 a 364 (-12,7%).
L’importo degli interventi necessari per completare le opere è pari a circa a 1,2 miliardi di euro, con una riduzione del 45,7% rispetto al valore del 2020. Più in dettaglio, i valori complessivi delle opere di competenza delle amministrazioni centrali si riducono del 55,9%, passando da 1,5 miliardi di euro circa a 656 milioni di euro, mentre quelli necessari per l’ultimazione dei lavori scendono da 1,5 miliardi di euro a 428 milioni (-71%). Per quanto riguarda le opere di competenza delle amministrazioni locali, l’importo diminuisce solo marginalmente, da 1,3 miliardi di euro a 1,2 miliardi (-7,7%), mentre quello necessario a completarle aumenta da 782 milioni di euro a 827 milioni (+5,7%).
Perché le opere restano incompiute?
Dal 2021 è stata inserita nella rilevazione l’informazione sulle cause che hanno determinato il mancato completamento delle opere. Risulta che, in 153 casi (40%) la mancanza di fondi è la causa dell’interruzione del processo di completamento dell’opera, in 115 casi (30%) si rilevano problemi tecnici, per 69 opere (18%) la causa è stata il fallimento, recesso o risoluzione contrattuale dell’impresa, 21 opere (6%) sono state interrotte per sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge, per 15 opere (4%) si riscontra un mancato interesse al completamento, mentre per 6 opere (2%) concorrono più cause contemporaneamente.
Nel corso del 2021, il Mims e le Regioni hanno prestato particolare attenzione alla rilevazione delle opere incompiute prevista dall’art. 21 del D.lgs 50/2016, il quale prevede l’obbligo di inserimento delle stesse nel programma triennale dei lavori pubblici al fine di prevederne il completamento oppure l’individuazione di soluzioni alternative, tra cui il parziale riutilizzo, la cessione a titolo di corrispettivo per la realizzazione di altra opera pubblica, la vendita o la demolizione. Tale obbligo è in vigore a decorrere dal triennio di programmazione 2019-2021, così come previsto dal Decreto MIT n. 14 del 16 gennaio 2018.
In base alle norme vigenti, entro il 31 marzo di ciascun anno le stazioni appaltanti, gli enti e altri soggetti aggiudicatari individuano le opere incompiute di rispettiva competenza e trasmettono la lista al Mims. Anche in seguito della richiesta del Ministero di dedicare particolare attenzione al tema, i dati del 2021 relativi ad alcune Regioni presentano variazioni particolarmente significative, ad esempio, in termini di oneri per il completamento dell’opera.