L’Italia ha tutte le carte in regola per ottenere più flessibilità sugli investimenti per le infrastrutture. Questo significa poter spendere 5 miliardi che sono bloccati nei cassetti degli enti locali, con 17 miliardi di ricaduta positiva sull’economia e la possibilità di creare 85.000 nuovi posti di lavoro, sbloccando interventi urgenti per il Paese, ad esempio contro il dissesto idrogeologico e per mettere in sicurezza le scuole. E’ questa la tesi sostenuta con forza dal presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti, in occasione della presentazione dell’ultimo Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni, con il vicedirettore Antonio Gennari e l’economista Paolo Savona.
D’altronde la caduta del settore si aggrava di mese in mese, gli investimenti sono scesi del 7%, dall’inizio della crisi, 480.000 lavoratori hanno perso il posto e 12.600 imprese sono fallite. Far ripartire le costruzioni significa, perciò, come sottolineato anche da Savona, far ripartire tutta l’economia italiana. Ma per farlo è necessario rimuovere definitivamente due grossi macigni che ancora schiacciano le imprese del settore: credit crunch e ritardati pagamenti.
I rubinetti del credito sono ancora drammaticamente chiusi per l’edilizia: dal 2007 -80 miliardi di finanziamenti alle imprese e -76 miliardi di mutui alle famiglie. Fondamentale, in questo senso, è l’accordo che Abi e Cdp hanno firmato a fine novembre per riattivare il circuito dei finanziamenti per l’acquisto della casa, per il quale è previsto un giro d’affari di 8 miliardi di euro.
Va ultimata poi la questione dei pagamenti della Pa: su 19 miliardi di crediti vantati dal settore ne mancano 11! Inoltre, l’80% delle imprese edili non viene ancora pagata nei tempi previsti dalla legge. Tanto che il vicepresidente della commissione Ue, Antonio Tajani, ha annunciato una procedura d’infrazione se l’Italia non darà risposte strutturali al problema.
“Dobbiamo evitare l’effetto isola di Pasqua - ha concluso Buzzetti - dove le tribù, per contrapposizioni interne, hanno finito per bruciare tutte le ricchezze del luogo. E il rischio che stiamo correndo noi è proprio questo: per ragioni ideologiche stiamo mettendo a rischio i nostri punti di forza, in primis l’edilizia”.
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Osservatorio Congiunturale Ance dicembre 2013